il manifesto 1.10.16
Gli slogan di Renzi, le ragioni del professore Zagrebelsky
Ieri
il confronto su La7. Il presidente del comitato del No: rischiamo di
passare a una oligarchia, un sistema istituzionale dipende dal contesto.
la resa di questa riforma dipende dall’Italicum. Ma i tempi televisivi
lo tradiscono
di Maria Teresa Accardo
ROMA
Stavolta Matteo Renzi si è preparato benissimo. Per il secondo confronto
in «Sì o No» su La7, condotto da Enrico Mentana, il presidente del
consiglio si è fatto il mazzo come uno studente che all’esame
universitario che sa di dover affrontare il luminare. Ripassando il
dossier anche sul volo di ritorno dal funerale di Shimon Perez a
Gerusalemme. E si capisce tanta solerzia: il premier deve affrontare il
professore Gustavo Zagrebelsky, uno dei più blasonati esponenti del no,
già presidente della Corte Costituzionale.
Ma agli esami la
tensione gioca brutti scherzi. Renzi attacca la sua mitraglietta, «sono
trent’anni che la classe politica dice che si deve semplificare il
bicameralismo, dal decalogo Spadolini dell’82», ma il professore, come
farebbe ad un esame, inizia con una bonaria presa in giro: «Vedo intanto
che forse ha ripensato ai discorsi sui parrucconi, rosiconi, gufi,
altrimenti non avrebbe perso tempo, come stasera, con uno di loro…», e
si concede persino una battuta: credeva al massimo di poter incontrare
la ministra Boschi. Renzi neanche sorride, ha dimenticato la sua
polemica sui professoroni, e oggi finalmente un po’ se ne vergogna: «Non
mi sono mai permesso di dire che lei è un parruccone». Il professore
ribatte: «Spero che non parli di gufi per l’avvenire», ma Renzi è
nervoso, «Prof, venga al merito». Più tardi però sarà lui a dimenticare
il merito attaccare Zagrebelsky su sue precenti posizioni. Anche lì
Zagrebelsky non se ne cura, spiega che i contesti sono importanti: «Se
avessimo voluto parlare delle sue contraddizioni…».
I due vengono
da due mondi diversi. Renzi incalza con domandine da Lascia o raddoppia,
perfette per la tv. «Davvero crede che ci sia un rischio di svolta
autoritaria? In che articolo della riforma?». E il professore dialoga
con calma e con pazienza che poco hanno a che vedere con i tempi della
tv, si concede persino paradossi: «Rischiamo di passare da una
democrazia a una oligarchia. La Costituzione di Bokassa non è molto
diversa da quella degli Stati Uniti, ma ha una resa diversa, che dipende
dal contesto. E la questa riforma ha una resa che dipende
dall’Italicum». Renzi ammette che la legge elettorale va cambiata ma «il
sistema dei capilista bloccati non piace neanche a me».
Sull’Italicum
il dibattito va avanti a lungo. Zagrebelsky insiste sul combinato
disposto fra le due leggi, quella elettorale equella costituzionale, e
non ci sta al giochino del presidente, e cioè assicurare che la legge
elettorale cambierà.E se non cambiasse? E come cambierà?
Anche sul
Quirinale, i due sono agli antipodi. Zagrebelsky insiste a volare alto:
«In democrazia chi vince le elezioni non ha solo vinto, è quello
incaricato di un grave incarico, ma non è che per cinque anni i vinti
non contino nulla. Perché mi guarda così?». Sì, perché Renzi siè
preparato sul bignami della sua riforma, ma se è costretto a
confrontarsi su un pensiero un po’ più lungo, sulla visione che c’è
dietro la sua riforma, perde la battuta. Non capisce il senso vero delle
parole del professore e quindi replica che «in tutto il mondo c’è chi
vince e chi perde».
«La ragione per cui il bicameralismo paritario
non funziona è che le forze politiche non sono coese», e ancora
aggiunge «La riforma non funzionerà, il nuovo senato o non funzionerà o
porterà ulteriori complicazioni» , continua il professore. Il premier
ribatte: «Ma lei, che è stato presidente della Corte costituzionale,
perché mi parla di politica?». «Perché i costituzionalisti non devono
pensare non ai singoli governi. Questa riforma, più la legge elettorale,
in altra forma raggiunge un risultato di premierato assoluto, più forte
del presidenzialismo». Renzi , quello che cerca i voti della destra,
davanti al professore non vuole ripeterlo: «Lei sta dicendo una cosa che
non e’ vera. La riforma di Berlusconi dava al presidente del consiglio
il potere di sciogliere le Camere. Ma cosa sta dicendo?». Renzi torna
ai vecchi cari slogan. «Noi abbiamo smosso la palude, ma perché volete
tornare alla palude?». E già, la palude dei primi tempi, quando Renzi
aveva il vento in poppa. Il solo fatto di accettare i confronti
televisivi rende evidente che i tempi di quel consenso sono finiti.