il manifesto 1.10.16
Il Def e la magia della spesa sanitaria che aumenta ma diminuisce
Il
giochetto di Renzi è incrementare la spesa in modo che nel tempo
decresca costantemente e progressivamente. Come? Calcolando il tasso di
incremento rispetto al Pil
di Ivan Cavicchi
Brutto
segno. La nota di aggiornamento al Def appena definita dal governo, non
specifica quante risorse saranno date alla sanità. «La quantificazione
sarà decisa nella legge di Bilancio» ha detto Renzi aggiungendo in modo
rassicurante «le risorse aumenteranno». Ma si limita ad aggiornare
alcune stime. Rispetto al testo del Def di aprile si registra una
correzione al rialzo minima dal 2016 al 2019 (2016 incremento di 278
milioni previsione finale di spesa di 113, 654 miliardi ).
Si
tratta del solito giochetto: a sistema sanitario invariante a fronte di
un reale fabbisogno stimato in “+ mld” la sanità avrà comunque “- mld” .
La così detta “minor crescita”.
Il giochetto riguarda quindi il
tasso di incremento vale a dire la percentuale di crescita della spesa
sanitaria da un anno all’altro. Questo permette a Renzi di dire senza
mentire che la spesa sanitaria crescerà anche se molto meno di quello di
cui avrebbe bisogno la sanità. E’ come se Renzi dicesse «il problema
non è tagliare la spesa sanitaria ma di non farla crescere». Ma non far
crescere la spesa vale come tagliarla.
Questa furbata in logica si
chiama “negazione” vale a dire un tasso di incremento viene trasformato
nel suo contrario cioè un tasso di non incremento. Le jeux sont fait.
Nel 2005 il tasso di incremento della spesa sanitaria è stato lo 0.3%,
quanto sarà nel 2016? Questa è la domanda vera. Se sarà meno la sanità
sarà tagliata di brutto se sarà di più la sanità sarà meno tagliata ma
non rifinanziata.
L’altra furbata di Renzi il famoso
definanziamento programmato. Il definanziamento si muove proprio nella
logica della decrescita : si tratta di incrementare la spesa sanitaria
in modo tale che essa nel tempo decresca costantemente e
progressivamente. Come? Il tasso di incremento sarà calcolato in modo da
far diminuire la spesa costantemente rispetto al Pil.
Oggi con la
nota di aggiornamento si è leggermente modificata la previsione di
incidenza sul Pil della spesa sanitaria che, a partire dal 2017, segna
un +0,1% annuo fino al 2019.Quindi se prima si prevedeva che l’incidenza
della spesa sanitaria sul Pil passasse dal 6,8 del 2014 al 6.5 nel
2019, oggi si prevede una passaggio dal 6.8 del 2016 al 6.6 del 2019.
Esattamente lo 0.1 di stima di crescita del Pil.
Quindi definanziamento e decrescita sono confermati.
Abbiamo
scritto che tutto questo significa: aumento dei disavanzi regionali,
delle tasse locali e dei ticket, dell’abbandono sociale, meno tutele
pubbliche e da ultimo prima la graduale “depubblicizzazione” del sistema
pubblico e poi la sua graduale “privatizzazione” cioè il prendere piede
di mutue e assicurazioni. Fine dell’art 32 della Costituzione.
Escludo
che per il 2016 il tasso di incremento della spesa sanitaria sia
superiore allo 0.3 %, molto probabilmente sarà inferiore o al massimo
sarà di pari entità, questo vuol dite che in termini assoluti è
probabile che la sanità non prenda i 113 mld promessi che ricordo a
tutti sono sempre meno di quelli stimati come fabbisogno. Naturalmente
spero di sbagliarmi. Aspettiamo il 15 ottobre quando sarà presentata la
legge di bilancio.
Quale la morale della favola? Mai come oggi in
sanità, vale il ruolo tirannico del Pil (primato dell’economia) e la
grande lezione di Marx sui rapporti tra struttura economica e
sovrastruttura sociale. La sanità pubblica se vuole sopravvivere deve
fare “marxianamente” i conti tanto con il Pil che con la spesa pubblica e
cercare con essi un nuovo accordo. Quello definito con la riforma del
’78 e poi aggiornato nel ’92 e nel ’99 da tempo non è più in grado di
reggere le contraddizioni che si sono create tra diritti e risorse e a
sua volta è diventato nonostante i nostri auspici una pesante
contraddizione.
Insisto. Oggi dobbiamo contrastare la decrescita
strutturale della sanità per farlo serve una moratoria durante la quale
definire un accordo possibile tra salute e economia. Questo accordo può
avvenire solo su un terreno di riforma cioè immaginando una sanità
pubblica che sia meno costosa ma che produca più utilità.