il manifesto 19.10.16
Una casetta bianca
di Norma Rangeri
Ci
sarà tempo, dopo l’8 novembre, per rimpiangere la presidenza Obama, e
non solo se, malauguratamente dovesse essere Donald Trump a occuparne la
scrivania della sala ovale. Ma oggi, dopo l’ultima cena alla Casa
Bianca con Renzi, e tripudio di agnolotti, pacche sulle spalle e sorrisi
tra leader e first lady, Obama ha indossato la giacca dell’amico
amerikano, e noi quella della colonia.
Obama ha detto che il Sì al
referendum sulla riforma costituzionale «può aiutare l’Italia a
procedere verso un’economia più vibrante, verso un sistema più
efficiente». Non solo. Il presidente degli Stati uniti ha voluto
sottolineare che se, sfortunatamente, Renzi il referendum dovesse
perderlo, «secondo me dovrebbe restare in politica». L’endorsment a
stelle e strisce metterà le ali ai piedi del nostro presidente del
consiglio, atteso a rapporto dai vertici di Bruxelles sui conti
pubblici.
Non che in Europa gli siano mancati gli sponsor, da
Merkel a Hollande a Moscovici, o che abbia da temere da chi, Osce, Fmi,
JPMorgan, Ficht, governa la finanza internazionale. Ma certo il pieno,
fragoroso sostegno americano, sul nostro mercato elettorale è un carico
da novanta. Del resto già l’ambasciatore Usa in Italia aveva annunciato
il convinto appoggio d’Oltreoceano.
Certo, quando Alcide De
Gasperi, dopo la guerra, andò negli Stati uniti con il cappello in mano a
ringraziare per gli aiuti del Piano Marshall, erano altri tempi.
Ma
il vizietto di considerarci il fedele alleato da usare nel teatro
europeo, e in quelli infiammati dalle guerre americane, non cambia.
Forse, però, sono cambiati gli italiani, che hanno ben assaggiato i
frutti avvelenati della grande crisi provocata proprio da chi oggi ci
regala il suo Sì alla riforma costituzionale. Non avrebbe potuto
scegliere giornata peggiore, Obama, per rallegrarsi delle riforme
renziane. I dati sul fallimento del Jobs act, sulla ripresa dei
licenziamenti, sul ritorno delle finte partite Iva, sui centri della
Caritas frequentati più dai giovani italiani del Sud che dagli
immigrati, ci tengono svegli anche di notte.
Questa mobilitazione
internazionale a favore della rottamazione costituzionale dimostra, se
ce ne fosse bisogno, l’importanza del voto del 4 dicembre. E forse non
esagerava Rino Formica quando, in una recente intervista al nostro
giornale, spiegava che il referendum e la battaglia tra il No e il Sì
sarà importante come quella tra monarchia e repubblica.