il manifesto 18.10.16
La salute va in soffitta con l’Art. 32
Riforme. Tutti i fallimenti del Titolo V sulla nostra sanità
di Ivan Cavicchi
La
forma di governo è il modello organizzativo assunto dallo Stato per
esercitare il potere sovrano. La novità del Titolo V riguarda la
modifica della forma di governo. Essa, diceva Aristotele, per essere
compresa deve essere ricondotta al suo fine.
In sanità abbiamo avuto diverse forme di governo organizzate in diversi modi per diversi fini.
Nel
1978 (riforma sanitaria) il fine è la salute e la forma di governo è la
gestione centrale in forma di decentramento amministrativo (il
ministero è la testa e regioni e comuni sono le braccia e le gambe).
Nel
2001 la strategia resta quella della salute ma la forma di governo
viene modificata in senso federalistico-devolutivo (le regioni sono la
testa le braccia e le gambe). Un disastro. Le regioni si rivelano enti
insostenibili, non riescono a diventare regioni quindi veri enti di
governo e vengono ridimensionate.
Il nuovo Titolo V prende atto di
questo fallimento e prefigura una combine istituzionale che nel
linguaggio sportivo si definirebbe un «biscotto»: una super
concentrazione di poteri al ministero dell’economia, una riduzione di
poteri delle regioni, uno svuotamento della funzione del ministero della
salute.
Negando il ministero della salute e potenziando il
ministero dell’economia, dalla salute si passa alla sostenibilità
finanziaria. Aristotele va quindi letto in due sensi: la forma di
governo definisce il fine ma anche il contrario.
A questo punto la
domanda pratica: se il potere di spesa è nelle mani del ministero
dell’economia e i poteri di organizzazione e di pianificazione dei
servizi restano nelle mani delle regioni, il ministero della salute che
fa? Quello che gli resta da fare sarebbe facilmente riducibile ad un
dipartimento tecnico scientifico nulla di più.
Quindi la domanda
vera è: perché il governo vuole de-sanitarizzare la sanità riducendo il
ministero della salute ad un dipartimento tecnico-scientifico? O meglio
perché pur riesumando il decentramento ammnistrativo in luogo della
devoluzione, ai fini del diritto alla salute, non restituisce al
ministero della salute i poteri necessari come una volta?
Risposta:
perché il fine vero del nuovo Titolo V, per ragioni di sostenibilità, è
negare l’art 32 della Costituzione. Il diritto alla salute per questo
governo è finanziariamente insostenibile per cui non può che essere
ridimensionato.
Costituzione contro Costituzione. Una tesi forte quasi temeraria che va dimostrata.
All’inizio
del ’900 la salute pubblica era affidata al ministero degli interni
perché la malattia a quei tempi era considerata un problema di ordine
pubblico.
Nel 1958 si istituisce il ministero della sanità quale
logica conseguenza di un cambio di strategia. Il fine era dare piena
attuazione all’art.32 («La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività»). La malattia da
problema di ordine pubblico in questo modo diventa un problema
finalmente sanitario. Oggi la malattia non è né un problema di ordine
pubblico né un problema sanitario ma solo una questione di spesa. In una
fase sociale nella quale ci si ammala di più, si è curati meno e si
campa non quello che potremmo e vorremmo campare.
Il significato
del nuovo Titolo V è politicamente istituzionalmente e culturalmente
regressivo e prefigura la forma di governo più adatta alle politiche di
negazione dell’art 32. Oggi la ministra Lorenzin neanche si rende conto
che votando Sì al referendum vota contro se stessa cioè contro
l’istituzione che rappresenta votando per negare l’art 32 della
Costituzione del quale lei dovrebbe essere la prima garante dal momento
che il suo ministero fu istituito proprio per inverarlo.