il manifesto 18.10.16
Balletti a sinistra, quelli del Nì e del So. Con un occhio a Renzi, anzi due
Referendum
costituzionale. Ex vendoliani divisi in tre. Il congresso è a febbraio,
ma il voto di dicembre deciderà già tutto. Due senatori si sfilano dal
fronte del No: «Ci iscriviamo al partito di Pisapia: quello che non
accetta che il confronto sulla riforma si trasformi in uno scontro
mortale fra anime progressiste»
di Daniela Preziosi
ROMA
Il Pd si divide e le sue minoranze si trasformano nella «sinistra del
No»? Ed ecco che alla loro sinistra anche i post vendoliani si dividono.
E se i primi, quelli del Pd, sono sospettati di progettare una
scissione verso sinistra, i secondi sono indiziati della preparazione di
una verso destra, e cioè verso lo stesso Pd. È il moto perpetuo della
sinistra italiana. Una quadriglia senza fine.
Ieri sono nati i
comitati del «So», sillaba fin qui politicamente sconosciuta. Non è né
Sì né No, e non essendo neanche Nì fatalmente finisce per assomigliare
parecchio a un Sì. Li hanno scherzosamente annunciati il pugliese Dario
Stefàno e il sardo Luciano Uras, senatori di Sel da tempo in aperta
rottura con il nuovo partito Sinistra italiana, a sua volta
schieratissima sul No.
I due si sfilano dal fronte contrario alla
riforma. Perché, spiegano, i comitati sono «di ispirazione partitica» e
«non aiuteranno la discussione con e tra i cittadini». La politica deve «
gridare e strappare il consenso» ma «accompagnare i cittadini a
scegliere con conoscenza e consapevolezza». E loro, in scienza e
coscienza sono convinti che in caso di vittoria del Sì non ci sarà
alcuna deriva autoritaria: «La Costituzione repubblicana rimarrà intatta
nei suoi principi fondamentali», dicono. Ma è l’esatto opposto di
quello che sostengono i loro colleghi di Si tutti i giorni e più volte
al dì.
I due non sono i primi della famiglia della sinistra fuori
dal Pd ad avvicinarsi alle posizioni del governo Renzi. Già un mese fa
l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia si era chiamato fuori «dallo
scontro tra guelfi e ghibellini sul referendum costituzionale». Non era
un sì, anche se con i suoi collaboratori ammette di apprezzare la
riforma. D’altro canto non è un mistero che a Renzi, che con Pisapia
intrattiene rapporti cordialissimi, non dispiacerebbe la nascita di una
sinistra ’dialogante’, pronta ad allearsi con il Pd quando l’Italicum –
una volta vinto il referendum – sarà modificato con il premio di
maggioranza alla coalizioni. Un’alleanza a cui non è invece propenso il
nascente partito Sinistra italiana né i suoi front men Nicola Fratoianni
e Stefano Fassina. Sarà uno dei ’temi caldi’ del congresso fondativo
rimandato a febbraio.
Secondo Stefàno e Uras la campagna
referendaria di Si non va bene: «Ci iscriviamo allo stesso partito di
Pisapia: quello che non accetta che il confronto sulla revisione
costituzionale si trasformi in uno scontro mortale tra le diverse anime
del campo democratico e progressista a danno della prospettiva di un
governo avanzato del paese». Cioè di una nuova alleanza di
centrosinistra sul modello di quella che ha fatto vincere Sala a Milano
(per la cronaca: di misura e solo grazie ai voti della sinistra radicale
e dei radicali). Un’idea di nuova coalizione che Pisapia predica negli
incontri di queste settimane con l’intento di costruire «una rete a
sinistra». E che piace anche al giovane sindaco di Cagliari Massimo
Zedda, altro vendoliano non ancora schierato al referendum. E molto caro
anche al sindaco di Genova Marco Doria, pure lui fin qui non pervenuto
(ma tendente al No secondo chi lo frequenta).
La scelta dei due
senatori forse non farà molti proseliti ma è un dito nell’occhio
soprattutto a una parte di Sinistra italiana. Quella che sta su un’altra
posizione ancora: una specie di terza via fra la rottura con il Pd e il
prematuro fidanzamento con Renzi. Si tratta di un ’gruppo di contatto’
che da mesi lavora – riservatamente ma neanche troppo – per riaprire il
dialogo a sinistra. Dodici parlamentari, molti amministratori. Che però,
al contrario di Pisapia, militano nel fronte per il No. Convinti che la
sconfitta di Renzi riaprirebbe i giochi nel Pd. Quest’area
«alternativa» – guidata da Massimiliano Smeriglio e Ciccio Ferrara –
guarda alle mosse dell’ex segretario Pd Bersani, da sempre fautore della
coalizione. E a quello che può succedere a sinistra in caso di vittoria
del No. Non a caso dal 12 al 14 novembre organizza a Roma una festa:
special guest Massimo D’Alema, uno dei principali esponenti del No.
Francamente insospettabile di simpatie renziane.