il manifesto 16.10.16
Piatto forte per le imprese
Legge
di stabilità. Pensioni, l’Ape resta velenosa. I sindacati del pubblico
impiego annunciano la mobilitazione: per i contratti risorse
insufficienti
di Antonio Sciotto
«Questa è una
sede istituzionale, quindi non parlerò di referendum», spiega il
presidente del consiglio Matteo Renzi illustrando in conferenza stampa a
Palazzo Chigi la legge di Bilancio 2017. Ma in realtà la macchina delle
promesse, della propaganda e delle slide non si ferma: «La nostra
filosofia è meno tasse e più diritti». «E se continuiamo il nostro
lavoro, come spero e credo, manca solo l’Irpef». Il premier rivendica
insomma che fin dall’inizio il suo è stato «un governo di bonus dopo 30
anni di malus» e spiega che questa manovra è impostata su «competitività
ed equità». Ma non convince tutti: i sindacati del pubblico impiego
annunciano mobilitazioni visto che ritengono «insufficienti» le risorse
per i contratti, le opposizioni parlano di «mance elettorali» e di
«Babbo Natale arrivato in anticipo», tanti pensionati restano delusi
perché l’Ape social non verrà migliorata, conservando i gravi limiti già
messi in evidenza venerdì dalla Cgil.
I numeri sono cambiati
rispetto alle cifre circolate e alla Nota di aggiornamento al Def di
qualche settimana fa: innanzitutto la manovra sarà di 26,5 miliardi
anziché di 24,5, e questo in forza di un’altra modifica, quella del
rapporto deficit/Pil. Il governo ha ritenuto di poter innalzare lo
squilibrio dal 2% previsto al 2,3%: non è il 2,4% a cui avrebbe puntato,
ma è poco più alto del 2,2% su cui si attestavano le stime degli
analisti. «Non si tratta di flessibilità – ha spiegato il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan – ma è una particolare attenzione legata
alle spese eccezionali come il sisma in Italia e il fenomeno
migratorio». Quanto al giudizio che dovrà arrivare dall’Europa, Padoan
ha spiegato che la manovra verrà inviata a Bruxelles a inizio settimana,
e che «i rapporti con la Commissione sono sempre molto fruttuosi».
Confermato
l’1% di crescita, quello che Bankitalia, l’Ufficio parlamentare del
bilancio e praticamente tutti gli istituti nazionali e internazionali
avevano giudicato troppo ottimistico. Ma Renzi non solo difende questo
numero, ma addirittura rilancia: «I nostri dati dicono l’1,1-1,2% di
crescita, ma lasciamo l’1% in modo signorile onde evitare polemiche e
tensioni. Siamo convinti che la crescita sarà superiore all’1%, dando
per scontato che con il deficit al 2,3 e le misure decise è decisamente
probabile che l’aumento della crescita sarà più corposo».
Scendendo
nel dettaglio, si destinano 1,9 miliardi al pubblico impiego per il
rinnovo dei contratti, per il comparto delle Forze armate e dei corpi di
polizia e per le nuove assunzioni (Renzi aveva annunciato nuovi
concorsi per 10 mila addetti del comparto sanitario). Fp Cgil, Fp Cisl e
Uil Fpl-Pa parlano di «false promesse» e annunciano una «mobilitazione,
senza escludere nessuna forma di lotta».
Promesse deluse anche
per i pensionati, anche se gli stanziamenti passano da 6 a 7 miliardi in
tre anni (per il 2017 1,9 miliardi). Su precisa domanda a Padoan, se
fossero stati «limati» i criteri di accesso all’Ape social criticati
dalla Cgil (1350 di euro lordi e 30-35 anni di contributi a seconda
delle categorie) il ministro ha risposto piccato: «Sulle pensioni non
abbiamo limato un bel niente, quei parametri sono più che confermati, ma
passiamo da 6 a 7 miliardi».
Altri stanziamenti annunciati dalle
slide del premier: 600 milioni per la famiglia, 4,5 miliardi per il
Piano Casa Italia e gli interventi post sisma, un miliardo per
università e scuole, «sia alle statali che alle paritarie». Sulla
sanità, Renzi manda «un abbraccio affettuoso a tutti quelli che dicevano
che avremmo tagliato: invece abbiamo stanziato 2 miliardi in più, il
Fondo sanitario passa da 111 miliardi dell’anno scorso a 113».
Dall’altro lato, dalla sanità arriveranno anche «risparmi» per 1,2
miliardi, ma il premier insiste che non devono essere definiti «tagli»,
ma «revisione di spesa», perché sono «benefici che vengono
dall’imposizione dei costi standard e che restano alle Regioni».
Infine
il capitolo tasse, quello a cui il premier tiene di più per il prossimo
referendum: «Abbiamo scelto l’hashtag #passodopopasso, perché passo
dopo passo le tasse vanno giù». Il canone Rai scenderà dagli attuali 100
euro a 90. Equitalia verrà eliminata, confluendo dentro l’Agenzia delle
Entrate: «Non vuol dire che non si dovrà più pagare quanto dovuto, ma
che vengono eliminati tutti gli interessi vessatori». Rottamazione che
secondo Renzi dovrebbe portare 4 miliardi di euro in cassa, insieme ad
altri 2 provenienti dalla voluntary disclosure. Confermato il taglio
Ires dal 27,5% al 24%, così come per l’Iri e le partite Iva. Eliminata
l’Irpef agricola con benefici per i coltivatori under 40. Il pacchetto
«competitività» dovrebbe valere in tutto 2,5 miliardi nel 2017.