il manifesto 15.10.16
Hollande sull’orlo di un suicidio politico
Il
presidente parla a ruota libera in un libro-conversazione. La
magistratura insorge, il Ps in preda al panico. I 7 candidati di destra
in tv, con un punto comune: un giro di vite ultra-liberista
di Anna Maria Merlo
PARIGI
François Hollande si è suicidato politicamente, con l’uscita del
libro-confessione scritto da due giornalisti di Le Monde, come aveva
fatto Dominique Strauss-Kahn in una camera d’albergo a New York nel
2011? Il caso è costernante: in Un président ne devrait pas dire ça…
(ed.Stock), i due giornalisti di inchiesta Gérard Davet e Fabrice Lhomme
riportano una serie di affermazioni a ruota libera del presidente che
ribaltano l’immagine che Hollande si era costruito finora. Come in
un’esplosione del rimosso, il finora “normale” Hollande passa dalle
accuse ai magistrati “vigliacchi”, che “si nascondono”, a giudizi
maleducati sulle sue donne (Trierweiler “donna infelice”, Julie Gayet
descritta come smaniosa a fare la première dame, solo Ségolène Royal si
salva), passando per posizioni molto lontane dalla tradizione del Ps, a
cominciare dall’immigrazione, “troppi arrivi” o sui calciatori che
dovrebbero “fare la muscolazione del cervello”. Nel Ps, tra i pochi
sostenitori che gli restano, è il panico generale. Claude Bartolone,
presidente dell’Assemblée nationale, si dice “stupefatto” e si interroga
“se vuole davvero essere candidato”. Per il segretario Ps,
Jean-Christophe Cambadelis, presentarsi “sarà più difficile”. L’ex
ministro Emmanuel Macron, che aspetta il suo momento, ha precisato ieri
che dirà a dicembre o a gennaio, se sarà candidato, per occupare lo
spazio della socialdemocrazia, disperatamente vuoto a sei mesi dalle
presidenziali. L’ex ministro Arnaud Montebourg, già candidato (che
parteciperà alle eventuali primarie Ps a gennaio) ringrazia: “Sarkozy
aveva screditato la funzione presidenziale, Hollande la abbassa, per noi
è grasso che cola, grazie per il regalo!”.
Hollande ieri, di
fronte all’indignazione del mondo giudiziario che si è sentito
“umiliato”, ha affermato di “essere profondamente dispiaciuto”. Solo il
giorno prima, con una mossa inabituale, i vescovi francesi si erano
rivolti ai candidati all’Eliseo chiedendo loro di “ritrovare il senso
della politica” di cui ha bisogno una società divisa, che soffre
dell’”assenza di progetto o di visione a lungo termine”.
Grandi
idee non sono uscite neppure dal primo dibattito in tv tra i sette
candidati alle primarie della destra e del centro, che si svolgeranno il
20 e 27 novembre prossimi. Almeno, è stata rispettato un tono cortese
tra i sette rivali, Sarkozy, Juppé, Copé, Kosciusko-Morizet, Fillon, Le
Maire e Poisson. La Francia avrà probabilmente un presidente di destra,
sperando che non sia di estrema destra, c’è ormai rassegnazione per la
presenza di Marine Le Pen al ballottaggio. Sui temi economico-sociali,
tutti i sei sfidanti Républicains (più Poisson, democristiano),
condividono una svolta chiaramente a destra, facendo riferimento alle
riforme di tipo thatcheriano con meno tasse e meno stato, divisi
soltanto sull’intensità della medicina, tra chi si appoggia sul rilancio
dei consumi e chi insiste sulla necessità di aumentare la
competitività. E Juppé, che parte degli elettori di sinistra andrà a
votare alle primarie per evitare Sarkozy, è tra i più thatcheriani.