il manifesto 13.10.16
«Caporalato, Renzi metta la fiducia sulla legge»
Premio
Jerry Masslo. Susanna Camusso al premier: «Una volta tanto lo faccia
sui diritti fondamentali delle persone», la leader del sindacato
all'iniziativa della Flai Cgil contro lo sfruttamento della manodopera
nei campi
di Antonio Sciotto
MONDRAGONE (Caserta)
«Spesso accettiamo di lavorare senza contratto, per un salario molto
basso, senza contributi e senza ferie. Accettiamo anche di pagare per
lavorare, anche se non abbiamo i soldi per tornare a casa». La voce di
Valentina Vasylionova rimbomba tra i palazzoni scrostati di Mondragone,
nel casertano, tra i panni stesi e gli sguardi diffidenti della gente
del posto: i lavoratori bulgari si sono avvicinati al palco della Flai
Cgil solo quando hanno sentito parlare la loro lingua. Abitano in
centinaia qui, braccia per le campagne del posto, 20 euro al giorno per
14 ore di fatica. Quando prende la parola Susanna Camusso, si rivolge
direttamente al premier Matteo Renzi: «Metta la fiducia sulla legge
contro il caporalato, perché lo ha già fatto tante altre volte: ma
quando si parla dei diritti fondamentali delle persone non vediamo la
stessa urgenza».
La Cgil ricorda come ogni anno Jerry Masslo, il
bracciante sudafricano ucciso nel 1989 a Villa Literno dopo aver difeso
strenuamente i diritti dei lavoratori migranti. Siamo già alla quarta
edizione del Premio istituito dalla Flai in sua memoria: quest’anno i
giovani delle scuole e gli artisti riflettono sui muri in costruzione in
tutta Europa e sulle politiche di accoglienza. Questa mattina,
all’alba, è previsto un giro del sindacato di strada per le rotonde dove
i caporali reclutano la manodopera e successivamente l’omaggio alla
tomba di Masslo.
Emilia Spurcaciu, rumena, cerca di sollecitare i
suoi connazionali a non arrendersi anche se le condizioni di lavoro sono
dure: «Gli italiani hanno già combattuto per diritti che sono a
disposizione anche per noi, non partiamo da zero. Il sindacato mi ha
fatto capire che devo pretenderli anche per me: non è normale che si
lavori per 20-25 euro al giorno, fino a 15 ore, quando da contratto devi
avere minimo 52 euro per una giornata di 6 ore».
Prende la parola
Jacob Atta, ghanese, bracciante e sindacalista a Rosarno: «Jerry è
morto tanti anni fa, ma noi siamo qui per ricordare quello che ha fatto,
perché come noi dopo un lungo viaggio era venuto a cercare fortuna in
Italia. Non deve morire più nessuno, e noi continueremo a batterci anche
se ci minacciano: qualche anno fa hanno bucato tutte e quattro le gomme
del furgoncino Flai di Gioia Tauro, ma noi le abbiamo cambiate e
l’indomani eravamo di nuovo sulla strada».
Adam Muka, pakistano,
racconta di non essere stato pagato per ben 8 mesi, finché non è si è
rivolto alla Cgil di Caserta: «Mi hanno fatto riavere stipendi e
contributi. Se ti spacchi la schiena sotto il sole per tante ore, il
minimo è che ti riconoscano tutti i diritti. Io vorrei iscrivermi
all’università, cambiare la mia vita». Sara Moutmir, 21 anni, è nata in
Marocco ma ha studiato fin dalle elementari nel nostro Paese. La
conoscenza dell’italiano è preziosa per chi fa sindacato di strada:
«Dico alle donne che lavorano nelle campagne che non devono avere paura:
perché è proprio la nostra paura che permette a loro, agli imprenditori
e ai caporali, di sfruttarci».
La segretaria generale della Flai
Cgil, Ivana Galli, invita la politica a percorrere l’ultimo miglio
perché si approvi finalmente la legge contro il caporalato: «È un
provvedimento utile, perché estende le sanzioni, anche penali, alle
imprese che utilizzano l’intermediazione illecita. Si prevede l’arresto,
la confisca dei beni guadagnati violando le regole». Chiede poi alle
prefetture e ai Comuni di adoperarsi perché il Protocollo firmato nel
maggio scorso diventi operativo: permetterebbe di migliorare mezzi di
trasporto e alloggi per chi lavora nei campi.
La segretaria Cgil
Camusso insiste sull’importanza dell’accoglienza: «L’Italia ha anche
straordinarie risorse di generosità, come dimostrano i cittadini di
Lampedusa: dobbiamo valorizzarle proprio noi che ci crediamo».
Il
caporalato e le condizioni di semi schiavitù nei campi sono «la ferita
aperta del nostro Paese», e «ci sono volute purtroppo delle morti per
ottenere dalla politica una nuova legge, già la seconda dopo quella che
ha istituito il reato di caporalato». «Chiediamo al governo di mettere
la fiducia su quella legge, come ha già fatto troppe volte: una volta
tanto lo faccia sui diritti fondamentali delle persone».