il manifesto 12.10.16
Il Sì a reti unificate, uno spot gratis da 2 milioni di euro
Ri-Mediamo.
Venti passaggi al giorno per sette giorni (per ora) fanno circa due
milioni di euro, se parlassimo di spot pubblicitari. E in verità ne
stiamo parlando, perché la comunicazione cosiddetta istituzionale del
governo sul referendum è un’inserzione commerciale pura e semplice. E ha
inondato le reti della Rai sotto specie di comunicazione di utilità
sociale
di Vincenzo Vita
Venti passaggi al giorno
per sette giorni (per ora) fanno circa due milioni di euro, se
parlassimo di spot pubblicitari. E in verità ne stiamo parlando, perché
la comunicazione cosiddetta istituzionale del governo sul referendum è
un’inserzione commerciale pura e semplice. E ha inondato le reti della
Rai sotto specie di comunicazione di utilità sociale, secondo la dizione
prevista dalla legge. Quest’ultima è bellamente aggirata, per trarre
vantaggio dalla bulimia propagandistica. Tra l’altro, se fossero spot,
questi che tratteggiano estasiati il quesito furbamente apposto in testa
alla legge di revisione della Carta, sarebbero bloccati dal codice di
autosciplina : scorretti e ingannevoli. Si chiuda simile pagina
indecorosa, sintomo se mai delle difficoltà del fronte del sì, se
ricorre a tali pratiche mendaci.
Si tratta di una delle mosse
spericolate per tentare di vincere domenica 4 dicembre, quando Renzi ha
convocato il plebiscito su di sé. Malgrado i tentativi di attenuare la
prima indicazione a la De Gaulle, il voto referendario ha mantenuto il
tono e la cifra iniziali, che poco pagano in termini di consenso reale,
almeno stando ai sondaggi. Di qui l’abbuffata mediatica.
La
presenza del Presidente del consiglio a ciclo continuo è impressionante e
non ha precedenti, neppure nel e del periodo berlusconiano. Da ultimo,
le partecipazioni a Politics e, soprattutto, all’Arena di Giletti. È
bene ricordare che la legge sulla par condicio è in vigore, essendo
andata in Gazzetta ufficiale on line la decisione della data già lo
scorso 27 settembre. Tanto è vero che in questi giorni sia l’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni sia la Commissione parlamentare di
vigilanza hanno varato i rispettivi regolamenti, con un certo ritardo.
Infatti,
le regole generali valgono dal momento della convocazione dei comizi
elettorali, mentre nell’ultimo mese si applicano le norme sulla rigorosa
presenza dei diversi soggetti nei confronti e nelle tribune.
L’apparizione sulle onde herziane è, però, strutturata prima, dalla
pubblicazione della data. E uno dei tratti dello spirito della legge
riguarda proprio le presenze dei rappresentanti istituzionali nelle
trasmissioni – contenitore, dove è lecita solo se è inerente alla mera
attività ufficiale. Senza uscire dal seminato o sfociare anche
indirettamente nella sfera elettorale. Insomma, perché Renzi è andato da
Giletti ? Tra l’altro, il servizio pubblico ha obblighi specifici, che
richiedono una particolare sensibilità.
Se non viene chiarita la
questione, è fin troppo facile prevedere l’invasione barbarica delle
reti e delle testate fino al 4 novembre. Sarebbe come giocare una
partita ad armi clamorosamente impari e con regole stabilite in via di
fatto da uno dei due contendenti.
Si apre, dunque, una fase di
estrema delicatezza, che farà precedente laddove si verificheranno altri
casi di referendum oppositivo o confermativo che dir si voglia.
I
regolamenti approvati sono meglio di niente, ma eludono la necessità di
rendere neutra la comunicazione di pubblica utilità e sono troppo
conservativi nella previsione dei soggetti aventi diritto a partecipare
agli spazi. Una logica troppo partitica, quando il referendum è il regno
di comitati e associazioni mobilitati su uno specifico obiettivo.
Ancora una volta è prevalsa l’impostazione classica e meno creativa,
copia conforme dei testi sulle scadenze politiche e amministrative.
La
legge 249 del 1997 ha attribuito all’Agcom compiti rilevantissimi, a
cominciare dalla pubblicazione tempestiva e ravvicinata dei rilevamenti
quantitativi sulle due parti. Il Comitato del no si è organizzato
autonomamente. A pensar male.