il manifesto 1.10.16
Italia Zero Virgola: crescono solo gli occupati over 50
Istat. Ad agosto il mercato del lavoro è fermo. Più del Jobs Act «funziona» la legge Fornero che ha allungato l’età pensionabile
di Roberto Ciccarelli
Al
ballo dello zero virgola sull’occupazione in Italia ad agosto c’è stata
una novità: la crescita è zero. Gli occupati tra gli uomini sono calati
di 28 mila unità, mentre sono aumentati tra le donne di 41 mila. Il
saldo è di 13 mila occupati in più. In generale il tasso di occupazione è
pari al 57,3%. Fermo. Così com’è fermo il tasso di disoccupazione: non
cresce, ma nemmeno cala. Ad agosto era all’11,4%: dopo un anno si è
ancora fermi a 2,9 milioni di disoccupati. Ieri, nel report mensile,
l’Istat ha confermato la struttura di fondo del mercato del lavoro:
cresce l’occupazione degli over 50 a causa della legge Fornero sulle
pensioni, non per il Jobs Act: più 50mila occupati sul periodo, +401mila
in un anno. Una cifra impressionante che raccoglie gran parte
dell’occupazione prodotta durante il governo Renzi: 589 mila occupati. È
in questa fascia che si è concentrata principalmente la crescita del
lavoro dipendente permanente (+253mila) che ha alimentato l’aumento del
numero degli occupati su base annua dello 0,7% pari a +162 mila unità.
Rispetto ad agosto 2015 gli ultra cinquantenni hanno registrato una
crescita. Una sua buona parte è attribuibile agli incentivi (calanti) di
natura previdenziale concessi dal governo Renzi alle imprese, gli
stessi che dovrebbero essere ridimensionati nella legge di Bilancio al
Sud e ad alcune categorie perché sono ultra-costosi e hanno pochi
risultati.
La fascia d’età più danneggiata è quella di mezzo, la
più «produttiva», tra i 35 e i 49 anni: in un anno sono stati persi 164
mila persone occupate mentre il tasso di occupazione bordeggia lo zero
(+0,2%). Continua il calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni; 31 mila
in un mese, 74 mila in un anno. Ferma l’occupazione nella fascia dei
giovani tra i 15 e i 24 anni dove bisogna fare il saldo tra i
disoccupati che calano di 9 mila unità, gli occupati aumentano di 2 mila
mentre gli inattivi sono aumentati di 5 mila. In generale la
disoccupazione non cresce, ma nemmeno cala ad agosto, 11,4%, come il
tasso di inattività è al 35,2%. In questo campo aumentano gli uomini
inattivi di 57mila unità, mentre le donne nella stessa condizione
diminuiscono di 54 mila. Risultato: stabile. Il ministro del lavoro
Poletti ha omesso di soffermarsi sugli elementi strutturali del mercato
del lavoro ed è tornato alla carica con il ritornello «Il Jobs Act
funziona». Funziona nella misura in cui favorisce tutti i limiti, e
gioca di sponda con le disfunzioni strutturali di un mercato stagnante
dove si muovono solo i voucher e i contratti a termine.
Eventualità
esclusa, in maniera diretta, dallo stesso Poletti che ha isolato il
dato sull’aumento dei dipendenti senza soffermarsi sulla tipologia
dell’occupazione o sulle fasce d’età. Nel secondo trimestre dell’anno
«gli occupati che lavorano per più di 32 ore settimanali sono il 68,5%
del totale, con un aumento di quasi 3 punti percentuali rispetto al dato
del secondo trimestre 2015- ha detto – vengono smentite le illazioni
secondo cui l’aumento dell’occupazione sarebbe riferito principalmente
ai voucher o a lavori occasionali». Precisazione che risponde alle
recenti polemiche sulla metodologia usata dall’Istat per misurare gli
occupati: nell’anno devono avere svolto almeno un’ora di lavoro in una
qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura;
hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un
familiare nella quale collaborano abitualmente; oppure sono risultati
assenti dal lavoro. Il fatto che basta essere stato occupato almeno
un’ora nel periodo di rilevazione ha spinto molti a credere che il boom
dei voucher – il cui campo di applicazione è stato esteso dal Jobs Act
di Renzi – abbia contribuito all’aumento dell’occupazione registrato. Al
fondo il problema non sembra essere stato chiarito completamente. Se
l’aumento infatti riguarda in prevalenza gli over 50 e il lavoro
dipendente, non si capisce l’impatto sul tasso di occupazione generato
dagli 84,3 milioni voucher, valore nominale di 10 euro, venduti nei
primi sette mesi del 2016, il 36,2% in più rispetto allo stesso periodo
nel 2015. Visto che il suddetto tasso è stabile, è possibile che i
voucher appartengano al continente del lavoro anonimo, senza nessuna
tutela, che non viene nemmeno registrato dalle statistiche ufficiali.
«Con
scostamenti occupazionali dello zero virgola o, peggio, dello zero è
difficile poter tirare un sospiro di sollievo – sostiene il segretario
confederale della Uil, Guglielmo Loy – le continue oscillazioni degli
indicatori del mercato del lavoro sono indice di instabilità
occupazionale e di bassa crescita». «L’aumento si concentra sugli
over-50 ed è attribuibile in buona parte alla maggiore permanenza al
lavoro dovuta alle riforme pensionistiche, non necessariamente a nuove
assunzioni». Cesare Damiano (Pd e presidente commissione lavoro alla
Camera) prevede un aumento della precarietà una volta terminati gli
incentivi e chiede che diventino strutturali o l’abbassamento del cuneo
fiscale. Senza gli incentivi il sistema non funziona. Quando ci sono
peggiora i suoi problemi strutturali.