domenica 2 ottobre 2016

Il Fatto 2.10.16
Bersani, Cuperlo e compagni: don Abbondio del Nì
di Silvia Truzzi

L’Italicum è una legge perfetta ma è meno importante della riforma costituzionale” e dunque Matteo Renzi si dice pronto a modificarla. D’altra parte anche la “la riforma costituzionale non è perfetta, ma è un grade passo avanti” (Maria Elena Boschi). Tra i definitori, il più onesto di tutti è stato Massimo Cacciari che ha detto “la riforma è una puttanata” pur ammettendo che voterà sì al referendum. Il cui felice esito – di nuovo Renzi – è legato ai voti dellsarew: “ Bisogna andare a cercarli lì”. Ma ci sono già: come ricordato da Massimo D'Alema sono a favore della riforma le banche d’affari, Marchionne, Confindustria; contrari l’Anpi, la Cgil e la Fiom. Orientarsi non dovrebbe essere complicato. Invece ci sono i perplessi, i timidi, i seguaci del metodo del dubbio: sono gli esponenti della minoranza Pd che, con la coscienza dilaniata, da mesi dicono “nì”. Il portabandiera degli incerti è Pier Luigi Bersani: “Renzi cerca il supporto degli elettori di destra? Uno va dove lo porta il cuore”. Che pugnalata! (chissà se Renzi ha sentito anche solo un fugace solletico). Altra bordata: “Gravissimo aver brandito la riforma annunciando un giudizio di Dio con esiti o catastrofici o salvifici. Vista da fuori: c'erano due Camere, ci saranno ancora, c'era un andare e venire delle leggi che resterà. Questa riforma non è salvifica. Ma c’è un piccolo particolare, un tema democratico. Io voterò la riforma a patto che i senatori siano eletti. Perché poi c’è l’Italicum, un sistema per cui un partito con il 25 per cento dei voti si prende tutto. Ci sono due modi di uscirne: o Senato elettivo e modifica della legge elettorale, o si vota no”.
ANCORA PIÙ DURO Gianni Cuperlo: “Il referendum si vince a destra non è una bella frase detta dal segretario del Pd, e non è una bella frase detta dal presidente del Consiglio, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta. Ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese”. Inflessibile Roberto Speranza: “Incontro tante persone di sinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori”. Notizia (si fa per dire): l’Italicum non sarà cambiato entro dicembre. Nove settimane non bastano, visto che non c’è alcun accordo su una norma alternativa: le chiacchiere attorno al sistema elettorale sono fumo negli occhi. Quanto all’elettività della seconda Camera è una barzelletta: non avremo più la scheda elettorale per il Senato. Ora non si capisce cosa impedisca alla minoranza Pd di dire con chiarezza che voteranno no, senza balbettare, cincischiare, tergiversare. Ricordandosi che sono stati eletti nel 2013 con quel programma così efficacemente ricordato da Bersani a Piazza pulita: “Dicevamo di non andare con Berlusconi, di non andare con Verdini, di tenersi l’articolo 18 e di non fare il ponte sullo Stretto”. In una bella intervista al manifesto, Rino Formica (la cui statura fa impallidire gli attuali governanti), dopo aver definito l’universo del premier un “mondo minore” (“i toscani sono, senza offesa, i napoletani del centro-nord. Sono imbroglioni, mercanti e banchieri, massoni e cattolici, guelfi e ghibellini”) ha detto: “Bersani oggi rappresenta l’area degli ingiustamente umiliati. E come diceva Che Guevara, gli umiliati sono una forza indomabile. Ma la vittoria del No aprirà la riorganizzazione di tutto il sistema politico. Tutta la realtà umiliata nel Pd e soprattutto quella, grande, stomacata” del M5S. Eppure finora sembra che nemmeno le umiliazioni li facciano uscire dalla sindrome di don Abbondio.