venerdì 14 ottobre 2016

Repubblica 14.10.16
Dopo referendum lo stop del Quirinale a chi pensa alle urne
Le tentazioni incrociate: renziani pronti alle elezioni pure se vince il No, gli oppositori per un altro governo
di Goffredo De Marchis


ROMA. Il Paese è diviso e spaccato a metà, più o meno. Così dicono i sondaggi sul referendum costituzionale. Per questo Sergio Mattarella ricorda a tutti gli italiani, soprattutto a quelli, i politici, impegnati nella campagna elettorale, che c’è anche un 5 dicembre: se vince il No non verrà il diluvio universale (versione renziana del voto) e se vince il Sì non nascerà una dittatura 2.0 (la versione degli oppositori del premier). Le parole del presidente della Repubblica pronunciare l’altro ieri a Bari sono calibrate su questo messaggio di fondo. «Serve rispetto reciproco - ha detto il capo dello Stato prima e dopo la consultazione. Alla fine conterà l’interesse comune e la Costituzione stessa, così come sarà sancita dalla volontà popolare».
Ma al Quirinale arriva l’eco delle ipotesi in campo sul dopo voto. I renziani pensano alle elezioni anche in caso di vittoria del No, precedute da un governo di pochi mesi per la riforma della legge elettorale. Gli oppositori della nuova Carta immaginano già una crisi di governo che escluda Renzi da Palazzo Chigi. A entrambi i fronti il capo dello Stato dice, in sostanza, che nessuno potrà determinare un esito che è ancora tutto da scrivere. Una posizione di perfetto equilibrio alla vigilia del rush finale di una campagna che, come osserva Roberto Speranza, è tanto aspra «anche perchè è la più lunga della storia italiana. Partita a maggio durante le amministrative finirà a dicembre. Un record». Un modo per richiamare tutti alla serenità dei toni e degli argomenti. Ma guardare al 5 dicembre, il lunedì successivo al voto, significa anche ricordare che certo ci sarà una Costituzione, ma anche un presidente della Repubblica e toccherà al Quirinale tirare i fili del post-referendum. Da giorni, i sostenitori del No battono sul tasto delle elezioni anticipate. In caso di vittoria, Renzi punterà a capitalizzare l’onda del consenso, userà l’argomento del lavoro finito, del percorso riformatore condotto in porto che giustifica un governo non eletto, per correre alle urne nella primavera del 2017. Lo ha detto Pier Luigi Bersani, lo ha ripetuto Massimo D’Alema, la minoranza del Pd è sicura che il premier userà anche un altro argomento. Come fa a reggere un anno e mezzo di legislatura un Senato che fa le leggi e dà la fiducia con una Carta, in vigore, che gli ha tolto questi poteri, fatte salve le norme transitorie?
Questo possibile scenario, al netto delle dichiarazioni da campagna elettorale, è ben chiaro al Quirinale. Non è solo una voce che arriva dal fronte contrario al premier-segretario. Tanti renziani, in questi giorni, hanno parlato di questa ipotesi nei loro colloqui privati. In caso di vittoria del Sì si potrebbe aprire un confronto tra Palazzo Chigi e il Colle per verificare la tenuta della legislatura. Sapendo che Mattarella, come tutti capi dello Stato, punta alla conclusione naturale dei 5 anni di legislatura.