venerdì 14 ottobre 2016

Corriere 14.10. 16
L’enigma del Senato che verrà
di Antonio Polito


Tra meno di due mesi dovremo votare sul nuovo Senato, ma ancora non sappiamo come saranno scelti i nuovi senatori. In realtà non sappiamo ancora con certezza nemmeno come saranno eletti i futuri deputati, visto che tutti assicurano che l’Italicum sarà cambiato, o da una sentenza della Consulta o da una nuova legge del Parlamento, o da entrambe. Ma per Montecitorio almeno una legge c’è. Invece non c’è una legge elettorale per il nuovo Senato.
Ecco un punto sul quale bisognerebbe dare qualche indicazione chiara agli elettori, soprattutto da parte di coloro che giustamente insistono perché la riforma sia giudicata «nel merito». Il testo della nuova Costituzione non scioglie infatti l’enigma. In un comma dice con chiarezza che sono i consigli regionali a eleggere i 95 senatori (altri 5 possono essere nominati dal capo dello Stato). Ma in un altro comma si è aggiunto in extremis, al termine di una lunga trattativa con la minoranza pd, una frase secondo la quale i consigli regionali dovranno sì eleggere i senatori tra i loro membri, ma «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri». Che vuol dire? In che modo gli elettori potranno esprimere la loro preferenza? E alla fine decide sempre il consiglio regionale?
In tutti i sondaggi di opinione questo punto dell’elezione indiretta risulta il meno gradito della riforma, e di solito coagula una netta maggioranza di contrari, mentre molti altri punti sono approvati.
È comprensibile che l’elettore si fidi più del suo voto che di quello dei consiglieri regionali, un personale politico che non ha dato prove eccezionali in questi anni. In più, siccome la riforma riduce i poteri delle Regioni a vantaggio dello Stato, esprimendo così un giudizio negativo forse meritato sulla legislazione regionale, si domanda perché mai il Senato debba poi essere fatto di consiglieri regionali; i quali tra l’altro acquisiranno le stesse guarentigie dei deputati nei casi di richiesta di arresto, perquisizione o uso delle intercettazioni.
Sarebbe dunque interesse di chi sostiene il Sì chiarire come saranno scelti i senatori. Nell’ultima direzione del Pd il premier Renzi ha detto che ora accetterebbe il vecchio disegno di legge Chiti-Fornaro della minoranza pd (ammesso che sia ancora compatibile con la nuova Costituzione) ma che il Parlamento non può occuparsene fino al giorno dopo l’eventuale vittoria del Sì al referendum, perché prima di allora il nuovo Senato non esiste. Corretto. Però dal motore primo della riforma, il governo, sarebbe lecito attendersi almeno una chiara ed esplicita indicazione, prima del voto, del metodo che propone per selezionare i nuovi senatori.
Anche perché la vittoria del Sì non chiuderebbe i giochi. Innanzitutto come abbiamo visto ci vuole una legge elettorale nazionale, e ci vuole entro la fine della legislatura. Ma poi, una volta varata, bisognerà che si adeguino ad essa le venti leggi elettorali regionali. E nemmeno tutto questo lavoro risolverà ogni dubbio che resta sui nuovi senatori. Per esempio: la riforma dice che saranno eletti «con metodo proporzionale». Ma in dieci Regioni (o Province autonome) saranno soltanto due: come si fa ad applicare il metodo proporzionale in questi casi? O si sovrastima la maggioranza (due a zero), o si sovrastima l’opposizione (uno a uno) o viene escluso il terzo incomodo (che ormai c’è in molte Regioni, causa tripolarismo).
Questi senatori sono «rappresentativi delle istituzioni territoriali», come dice la riforma, o dei partiti che li hanno eletti «con metodo proporzionale»? I senatori della Campania voteranno cioè insieme, o ognuno con il suo partito? Nel secondo caso il sistema proporzionale rischia di non dar vita a una maggioranza, aprendo un serio problema in tutte le non poche materie nelle quali il Senato continuerà a fare le leggi insieme alla Camera.
Resta infine la questione dei soldi. Che ha assunto rilievo costituzionale perché la riforma stabilisce che i nuovi senatori non riceveranno un’indennità. Dovranno però viaggiare, soggiornare a Roma, prendere pasti, nei giorni in cui lasceranno il loro lavoro di consigliere regionale o sindaco per dedicarsi a quello di senatore. Chi pagherà le note spese? Segnaliamo il problema perché sugli scontrini dei consiglieri regionali, per così dire, abbiamo già dato .