Corriere 14.10.16
Roma, il palazzo in periferia pagato 73 milioni
La spesa pazza delle Dogane per la nuova sede
la scelta dell’acquisto nonostante l’ingente patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato
Idi Sergio Rizzo
Dice
Paolo Berdini, urbanista e assessore del Comune di Roma, che uno dei
problemi più annosi della capitale d’Italia riguarda le sterminate
proprietà immobiliari pubbliche in stato di abbandono. A spanne, almeno
un milione di metri quadrati. Ex ospedali immensi, come il Forlanini che
da solo di metri quadrati ne ha 170 mila, oppure il San Giacomo che si
trova a cento metri da piazza del Popolo: tutti di proprietà della
Regione Lazio. Per non parlare del patrimonio inutilizzato comunale,
dove si contano strutture enormi tipo la vecchia Fiera di Roma.
Una
situazione di spreco inaccettabile, che fa apparire ancora più
incomprensibili operazioni come quella deliberata dai vertici
dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli diretta da Giuseppe Peleggi. Di
che cosa si tratta è presto detto. Succede che in piena estate, l’11
luglio scorso, il comitato di gestione della medesima Agenzia,
presieduto dal medesimo Peleggi, delibera di acquistare un palazzo nella
estrema periferia romana. La motivazione è che esiste una legge con la
quale si impone alle amministrazioni pubbliche di ridurre del 50 per
cento le spese per le locazioni passive. Ecco allora che per rispettare
questa tassativa disposizione si decide di rilevare un complesso
immobiliare: comprandolo dai privati.
Il prezzo? Settantatré
milioni e 220.500 euro più Iva. Il venditore si chiama Torre sgr. Il
62,5 per cento appartiene a Fortezza Re del gruppo Fortress,
Lussemburgo. Il restante 37,5 per cento è invece di Unicredit.
L’operazione
chiama in causa personalità di rilievo. Il presidente della società
venditrice risponde infatti al nome di Giovanni Castellaneta. Feluca di
razza, è stato vicepresidente della Finmeccanica nonché presidente della
Sace. Ed è fra l’altro oggi presidente di doBank, istituto
specializzato nella gestione del crediti insoluti che in precedenza si
chiamava Unicredit management bank. Nel suo curriculum di ambasciatore
c’è anche la sede diplomatica a Washington: del prestigioso ruolo lo
investe Silvio Berlusconi quando presidente degli Stati Uniti è il suo
amico George W. Bush. Ma in precedenza Castellaneta ha ricoperto
l’incarico di consigliere diplomatico del Cavaliere a Palazzo Chigi con
il compito di rappresentarlo ai grandi vertici internazionali.
Non
è l’unica conoscenza del mondo pubblico nel consiglio di
amministrazione di Torre sgr. C’è infatti anche Enzo Cardi, a lungo
presidente delle Poste in epoca passata: quando, per capirci, la
designazione di quella importante casella rientrava per consuetudine
nella sfera d’influenza del sindacato Cisl, potentissimo fra i postini.
Tanto per dovere di cronaca.
La delibera del comitato di gestione
precisa che il prezzo è stato determinato dall’Agenzia del Demanio, che
l’ha ritenuto congruo. Ma su questo non c’erano dubbi. Le perplessità
riguardano ben altro, ovvero il fatto in sé. Mentiremmo se non dicessimo
che questa operazione ha un sapore antico e decisamente amaro. In
troppe occasioni, nel passato, abbiamo assistito a discutibili
iniziative con lo Stato protagonista: pronto a sborsare somme
«congruamente» rilevanti per comprare immobili dai privati pur
disponendo di un patrimonio enorme che si potrebbe in molti casi
riutilizzare con spese di ben diversa entità. Da questo punto di vista
Roma è un caso di scuola. Basterebbe ricordare come anni fa proprio il
ministero delle Finanze abbia ceduto alcuni importanti complessi
immobiliari con lo scopo dichiarato di contribuire all’abbattimento del
debito pubblico (che poi non si è verificato), salvo poi prendere in
affitto un immobile che il Fondo di previdenza dei suoi dipendenti aveva
comprato dal Monte dei Paschi di Siena in crisi. E ora l’Agenzia delle
dogane e dei Monopoli, che fa parte della stessa amministrazione
finanziaria, si compra anche un bel palazzo in periferia..