Corriere 14.10.16
La verità, vi prego, sull’eros cercatela nel Simposio
Platone interroga le forme mutevoli dell’amore e la risposta gioca con noi: come l’amore, appunto
di Mauro Bonazzi
Era
stata una serata memorabile, di cui si sarebbe parlato a lungo, ad
Atene. Alcune delle persone più in vista della città — scrittori,
medici, filosofi, retori, politici — si erano ritrovati a casa del poeta
Agatone; per tutta la notte avevano discusso dell’amore, l’argomento
più bello, la fonte della gioia più intensa e del dolore più cupo, una
forza insidiosa che può cambiare il corso di una vita. Tutti volevano
sapere, e la curiosità era accresciuta dal poco che trapelava. Correvano
voci strane. Sembrava che Socrate si fosse lavato e vestito con
eleganza. Addirittura si diceva che gli ospiti avessero deciso di
rinunciare al vino e alle flautiste, per discutere meglio. Chissà che
bei discorsi erano stati fatti da persone così importanti!
Sono le
battute iniziali del Simposio , probabilmente il dialogo più bello di
Platone, di sicuro il più celebrato: per la potenza delle immagini, per
la bellezza delle descrizioni, per la capacità di sublimare un tema
potenzialmente sfuggente come eros . Ma Platone è uno scrittore più
complicato di quello che si pensa. Non è mai lineare, è ambiguo, ama
nascondersi; solo poche volte si concede ai lettori e sempre in modi
inattesi. Con piccoli tocchi di perfidia, ad esempio. I nobili ospiti di
Agatone erano voluti rimanere sobri; non avevano voluto le flautiste:
perché? Perché la notte prima avevano bevuto come spugne. Un piccolo
dettaglio, lasciato cadere in modo quasi casuale. Sufficiente, però, ad
allertare l’attenzione del lettore, invitandolo a non prendere per oro
colato tutto quello che verrà detto. I discorsi, questo è certo, sono
bellissimi, pieni come sono di frasi, descrizioni e immagini che
entreranno nell’immaginario occidentale (la distinzione tra Amore
celeste e volgare, l’immagine dell’amato come metà perduta, per fare due
esempi). Ma fino a che punto queste persone, sobrie e composte solo in
apparenza, potranno aiutarci a decifrare l’enigma dell’amore? Dopo aver
seminato il dubbio, Platone è riscomparso. Gioca a nascondino con il
lettore. Per stanarlo occorre accettare la sua sfida e leggere con occhi
vigili.
Perché si dica qualcosa di serio — l’amore è una cosa
seria — bisognerà però aspettare un poeta comico, Aristofane, con la sua
strampalata ricostruzione di cosa sono gli uomini. Crediamo di essere
sempre stati come siamo ora, ma non è così: in realtà eravamo delle
sfere composte da due persone, con quattro gambe quattro braccia due
volti. Troppo belli e perfetti, però, avevamo peccato contro gli dèi,
che per punizione ci avevano divisi in due. Ecco perché l’amore e il
sesso sono così importanti, spiega Aristofane: sono l’unico modo che ci
resta per recuperare l’unità perduta.
I discorsi precedenti erano
stati tutti solenni e seri. Aristofane racconta una storia divertente,
leggera, facile da seguire. Il lettore abbassa la guardia, pensa che per
qualche pagina potrà riposarsi, prima di tornare alle discussioni
impegnative: del resto, cosa c’entrano questi esseri bizzarri con noi? E
invece c’entrano, e pure tanto: c’è qualcuno che può dire di non aver
provato dentro di sé un senso di mancanza? Che può dirsi perfettamente
sereno e appagato, senza inquietudini? Sono forse esseri perfetti gli
esseri umani? La storia di Aristofane parla di questo, e ci mette
davanti a quel che siamo: esseri incompleti, noi siamo desiderio.
Parlare di amore è un modo per parlare di noi. Il problema sarà capire
cosa cerchiamo.
Tutto si complica: ma complicandosi le cose si
chiariscono, e i problemi vengono finalmente affrontati. Si chiarisce ad
esempio perché eros può avere una forza distruttiva. Crediamo di
poterci liberare delle pene d’amore conquistando e facendo nostro
l’amato. Ma questa è l’origine di tutti i mali, perché trasformiamo una
persona in una cosa, lo riduciamo a oggetto: e dalla gelosia alla
violenza la strada è breve. Per nostra fortuna, però, amore è anche
altro.
È la lezione di Diotima, la misteriosa sacerdotessa che
aveva introdotto Socrate ai misteri di amore. Eros è l’impulso che ci
spinge a cercare le cose belle, ma le cose belle non possono essere
possedute, scivolano via come acqua tra le dita. Il vero amore, il vero
desiderio, è altro, molto più che il semplice istinto a possedere. Eros è
fare e creare nella bellezza; è dare realtà a ciò che è bello: è
procreare. Fare figli non è forse un’azione che risulta dall’unione nel
bello? Eros è lo stimolo che ci insegna a riconoscere il bello che è
intorno a noi; ed è la forza che ci spinge ad agire, a costruire, a
lasciare traccia di noi in un mondo in cui tutto scorre senza un senso
apparente. È la forza che opponiamo al potere distruttore della morte.
Improvvisamente il discorso tocca vertici inattesi: pensavamo di parlare
solo dell’amore sensuale e invece abbiamo scoperto la potenza del
desiderio: che noi siamo desiderio e che questo desiderio ci può
regalare una vita felice. Sempre discreto, Platone non delude il lettore
che lo ha seguito.
Le sorprese non sono ancora finite. Di colpo
cambia tutto. Ubriaco fradicio, irrompe nella sala del banchetto, con il
suo carico di passioni ed emozioni, Alcibiade: il più bello, il più
potente, il più desiderato di Atene, che dissiperà tutto in una vita di
ambizioni frustrate e tradimenti (è «la sensualità delle vite
disperate»: solo Paolo Conte può spiegare cosa è stato il fascino di
Alcibiade per gli Ateniesi). Provocato, accetta di tenere un discorso,
minacciando rivelazioni incredibili sulla sua storia d’amore con
Socrate. Ed ecco l’ultimo, e più paradossale, scherzo di Platone.
Alcibiade
non ha partecipato alla serata, non sa nulla di quello che è stato
detto. Eppure, senza che lui se ne renda conto, le sue parole riprendono
i discorsi precedenti, e ce li mostrano in una prospettiva diversa.
Tutto viene rimesso in discussione, niente è più certo. Ma quale è il
significato del Simposio , allora, il suo insegnamento? Platone tace, si
è nascosto di nuovo. E al lettore non resta allora che riprendere la
lettura da capo, in cerca dei messaggi, che erano già lì anche se non
erano stati colti (non potevamo, prima di Alcibiade). Può sembrare
frustrante e invece sarà appassionante, perché le cose nuove che
troveremo ci permetteranno di capire ancora meglio chi siamo e cosa
vogliamo — chi sono gli esseri umani e cosa è il desiderio. Di questo
tratta il Simposio . C’è qualcosa di più appassionante? Del resto, molto
di quello che aveva detto Diotima ancora attende di essere decifrato:
quale è il vero legame tra amore, morte ed eternità? Socrate questo non
era riuscito a capirlo… Sembra tutto chiaro nei dialoghi platonici.
Quando finalmente si capisce che così non è, si è pronti per leggerli.