Corriere 14.10.16
Classici antichi, un viaggio infinito
di Franco Manzoni
Nell’era
della globalizzazione e della dispersiva simultaneità di internet i
classici greco-latini conservano ancora quell’energia di enigmaticità,
segretezza, invenzione. Ciò che li alimenta è il continuo sviluppo delle
identità nelle molteplici forme di radici, impronte, tracce, teorie,
metafore. E nelle diverse forme offrono modelli di pensiero, a cui
rifarsi: una pluralità di concezioni differenti come quelle presenti in
Aristotele, Platone, Eschilo, Aristofane, Tucidide, Catullo, Virgilio,
Plauto, Tacito, Cicerone.
I classici sono dunque testimoni di
poliedriche identità in continua metamorfosi, insofferenti a ogni legge
precostituita. In fondo si tratta di prodotti di un’elaborazione
collettiva, che rappresentano l’universo sotto forma di miti, ovvero di
racconti, i quali tendono a spiegare le origini e le relazioni naturali
fra l’uomo e le cose. Ciò deriva dalla necessità di rendere
comprensibile il mistero contenuto nelle varie ritualità. Già nel gruppo
di cantori, che passa alla Storia con il nome di Omero, si assiste alla
costituzione di un’universalità concreta e non metafisica. Addirittura
un poema scientifico è quello costruito da Esiodo nella sua Teogonia .
I
classici greco-latini cantano alle Muse, parlano di ricerca della
sapienza, insegnano i principi di tutte le leggi per rendere conto ai
cittadini della realtà quotidiana. Consapevoli che le forze naturali
sono anteriori a qualsiasi divinità e ogni evento viene regolato dalla
sorte o destino. Percepire la musica interna, che anima opere come il De
amicitia di Cicerone, la Metafisica di Aristotele, il De bello gallico
di Cesare o l’ Elettra di Sofocle, significa essere in grado di
penetrare nel territorio più interiore del mistero, che corrisponde
all’intuizione del sapere. Dimenticare i classici greco-latini
significherebbe per gli italiani e per tutti gli abitanti dei Paesi
occidentali non capire più chi siamo.
Il problema non è se i
classici sono attuali, semmai se lo siamo noi rispetto a loro. Leggere,
invece, gli autori del passato aiuta a recuperare la consapevolezza di
un destino comune al genere umano, ad acquisire il senso della
continuità, della pluralità e della ricchezza. Importante riflessione
sulla pedagogia contemporanea viene offerta dalla commedia Le nuvole di
Aristofane, uno dei testi più noti del teatro antico, anche se spesso
dimenticato. È la rappresentazione dello scontro generazionale, del
conflitto fra padri e figli, fra giovani e vecchi, fra tradizione e
innovazione con il personaggio Socrate come bersaglio da ridicolizzare. È
naturale che in modo dissacrante Aristofane intenda colpire Socrate,
colpevole secondo lui di rovinare i giovani con una pedagogia utopica,
trasgressiva, priva degli antichi valori e fuori da ogni realismo
quotidiano. Nel De rerum natura Lucrezio ritiene di fare scienza,
esponendo la dottrina di Epicuro per un fine di salvezza. Tuttavia
riesce a dare corpo a un poema certamente tutto fisico e astrofisico, ma
che seduce come una musica, un monumento di bellezza sonora che
illumina il buio dell’ignoranza.
La forza del latino e del greco
antico sta proprio nel sapere che riescono a trasmettere. Così
l’impossibilità di utilizzare l’acquisizione a un uso immediato può
creare la passione per lo studio disinteressato, educa e allena a quella
ricerca fine a se stessa, origine di ogni grande conquista scientifica.
Inoltre la civiltà classica costituisce un modello storico e culturale
imprescindibile, una fonte perenne di valori umani insostituibili.
Virgilio,
Epicuro, Plauto, Euripide esercitano un’influenza particolare nel
lettore quando s’impongono come indimenticabili oppure quando si
nascondono nelle pieghe della memoria, mimetizzandosi da inconscio
collettivo o individuale. Tant’è vero che ogni rilettura — sia in lingua
originale sia in traduzione — corrisponde sempre a una lettura di
scoperta, quasi fosse la prima volta, con gli eventuali riverberi sugli
autori successivi.
Se affronto l’ Odissea , leggo il testo d’Omero
ma non posso dimenticare tutto quello che le avventure d’Ulisse sono
venute a significare durante i secoli, da Dante a Pascoli, Gozzano,
D’Annunzio, da Joyce a Saba, Pavese, Seferis. Neppure posso non
domandarmi se questi significati fossero impliciti nel testo o se siano
incrostazioni, deformazioni, dilatazioni, ricreazioni. Lo stesso dicasi
per Eschilo e il suo Prometeo incatenato , il titano colpevole di aver
donato il fuoco agli uomini. Nella lettura della tragedia subito viene
da pensare alle musiche di Beethoven, Liszt, Scrjabin, Orff, Luigi Nono.
Oppure all’interpretazione della sua iconografia delineata da artisti
visivi come Piero di Cosimo, Heinrich Friedrich Füger, Nicolas-Sébastien
Adam, Jan Cossiers, Arno Breker. E in letteratura al mito di Prometeo
trattato da Goethe a Hugo von Hofmannsthal, da Caldéron de la Barca a
Carl Spitteler, André Gide, al romanzo Frankenstein, o il Prometeo
moderno di Mary Wollstonecraft Shelley.
In sostanza tutte le opere
greche o latine hanno influenzato gli artisti successivi. Questo
dovrebbe portare a compiere riflessioni sull’importanza di conoscere la
letteratura antica. Pensare di farne a meno è sin troppo facile. Rimarrà
un vuoto enorme nel nostro sapere, che non potremo mai colmare. La
lettura dei lirici greci, di Catullo, Platone, Orazio, è uno degli
strumenti più semplici che consente di comprendere ciò che è stato. Di
certo il massimo rendimento della lettura dei classici greco-latini sta
nel riuscire ad alternarla con sapiente dosaggio con quella dei
quotidiani. Si possono affrontare Euripide o Petronio avendo come
sottofondo lo sferragliare delle tramvie o il traffico più caotico.
Non
si tratta di una contraddizione rispetto al nostro ritmo di vita che, è
vero, non conosce più i tempi lunghi, il respiro dell’ otium
umanistico. Conoscere il passato oggi è fondamentale per avere un
presente e un possibile futuro. Occorre semplicemente un piccolo sforzo
di concentrazione, dare sfogo alla lettura con la mente libera e si
riuscirà a (ri)scoprire l’etica e il pensiero dei greci e dei latini nel
loro contesto storico.