Emilio Gentile che interviene nel dibattito fra Eugenio Scalfari e Gustavo Zagrebelsky sull’oligarchia
Repubblica 14.10.16
Emilio Gentile
“Senza sovranità popolare le nostre democrazie rischiano di trasformarsi in una recita”
intervista di Simonetta Fiori
L’oligarchia
è la sola forma di governo democratico, come sostiene Eugenio Scalfari?
O l’oligarchia è governo dei pochi che curano solo il proprio interesse
a danno dell’interesse pubblico, come sostiene Gustavo Zagrebelsky?
Mentre su questo giornale si svolge il dibattito sul rapporto tra
democrazia e oligarchia, esce nella collana Idòla di Laterza un libro
dello storico Emilio Gentile dalla copertina quanto mai pertinente: In
democrazia il popolo è sempre sovrano, con accanto un bollino rosso
Falso!. Avendo studiato per decenni i regimi totalitari, ora Gentile s’è
preso la briga di vedere come funziona veramente la democrazia
rappresentativa. Un’indagine storica a tratti sconfortante.
Professor Gentile, perché è falso che in democrazia il popolo è sempre sovrano?
«Proprio
quando il principio della sovranità popolare è apparso trionfante in
gran parte del mondo — “l’era della democrazia”, l’ha definita Bobbio —
si sono manifestati i sintomi di un malessere. E il più allarmante è la
sfiducia del popolo sovrano verso i governanti, le istituzioni
democratiche, i partiti. Fino alla convinzione del popolo stesso di non
essere sovrano: il crollo dei votanti ne è un segno manifesto».
Lei ha inventato il termine di “democrazia recitativa”. Cos’è?
«È
quella democrazia che ha per palcoscenico lo Stato, come attori
protagonisti i governanti e come comparsa occasionale il popolo sovrano,
che entra sul palco solo per la scena delle elezioni. Peraltro ora
comincia a disertare il proscenio. E tra una recita e l’altra,
continuano a prevalere le oligarchie di governo e di partito, la
corruzione nella classe politica, la demagogia dei capi, la degradazione
della cultura politica ad annunci pubblicitari. Non mi riferisco solo
all’Italia».
Quando il popolo ha smesso di essere sovrano?
«In
realtà non è stato sovrano neppure alle origini delle democrazie
moderne, in Francia e negli Stati Uniti. Nelle due grandi rivoluzioni
che hanno affermato il principio della sovranità popolare, i primi
governanti diffidavano del popolo. Il popolo è sovrano, ma chi deve
esercitare questa sovranità — dicevano — non può essere tutto il popolo.
O è la parte più ricca. O la parte più colta. O la parte più
responsabile. E ciò spiega perché si è passati da suffragi ristretti a
universali, ma dopo lotte, rivoluzioni e guerre».
Mi sta dicendo che il popolo non è mai stato sovrano?
«Sì.
Però bisogna aggiungere che, nei duecento anni in cui si è realizzato
questo omaggio al popolo sovrano, sono state effettivamente coinvolte
moltitudini prima escluse dal diritto di scegliere i governanti e quindi
di influire sulle loro decisioni: pensiamo alla straordinaria ondata
democratica con il referendum sulla Repubblica».
Ma se il popolo
non è mai stato sovrano, ha ragione Scalfari quando scrive che finora la
democrazia è sempre stata un governo di oligarchie?
«Temo che
Scalfari confonda la nozione di oligarchia con il concetto di minoranza,
di cui parlava alla fine dell’Ottocento Gaetano Mosca. In tutte le
società c’è la distinzione tra governanti e governati. E i governanti
sono sempre una minoranza rispetto ai governati. Ma la minoranza non è
sempre oligarchia, cioè governo dei ricchi a vantaggio dei ricchi. Una
democrazia è governata sempre da una minoranza, ma se governa a suo
vantaggio diventa un’oligarchia, se governa a vantaggio della
collettività è una democrazia rappresentativa».
Il dibattito tra
Scalfari e Zagrebelsky è nato dopo che, nel confronto con Renzi, il
costituzionalista ha denunciato il rischio di un’involuzione oligarchica
se venisse approvata la riforma costituzionale. Lei vede questo
rischio?
«Sì, potrebbero crearsi le premesse, e le tentazioni, per
una oligarchia. La riforma della Costituzione, unita a una legge
elettorale che garantisce anche a una percentuale ridotta di votanti una
maggioranza parlamentare, potrebbe favorire la tendenza del partito
unico vincente — anche con le migliori intenzioni — a preservare il
potere usando ogni espediente. Un’altra caratteristica dell’oligarchia
che la distingue dalla democrazia è la tendenza a perpetuarsi per
cooptazione, in modo irrevocabile».
Sta dicendo che la riforma costituzionale contribuisce a rendere il popolo ancora meno sovrano?
«Non
sono un costituzionalista, ma ritengo che la sovranità popolare venga
limitata, se non si elimina la nomina dei candidati da parte delle
segreterie dei partiti e se non si garantisce una seconda camera
elettiva. E al di là delle tentazioni dei governanti, non dobbiamo
dimenticare la globalizzazione oligarchica costituita dai poteri
economici e finanziari: non rispettano le regole di ciascuno Stato ma
influiscono sulle politiche nazionali. Sono i sintomi della
“postdemocrazia”, come l’ha definita Colin Crouch».
Tra popolo “desovranizzato” e oligarchie incombenti, lo scenario appare molto fosco.
«Ma
non bisogna essere troppo pessimisti. Aveva ragione Churchill: “La
democrazia è la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre”. È
l’unico regime che consente di correggere i propri difetti con mezzi
pacifici. Purché si voglia correggerli. Altrimenti l’ombra
dell’ipocrisia la rende una democrazia recitativa, con un popolo che si
rassegna a essere desovranizzato».
IL LIBRO Emilio Gentile, In democrazia il popolo è sempre sovrano. Falso! (Laterza, pagg.
144, euro 10)