domenica 2 ottobre 2016

Corriere Salute 2.10.16
Come sconfiggere le fobie che ci tengono prigionieri
di Elena Meli

Tanti non amano i serpenti o magari entrano in ascensore sempre con un filo di inquietudine. Paure normali che per alcuni diventano fobie paralizzanti se la sola idea di avere di fronte l’oggetto delle proprie ansie o trovarsi nella situazione che intimorisce manda in tilt. Le fobie specifiche sono innumerevoli, a volte bizzarre (si veda sotto), in alcuni casi molto penalizzanti. Se chi ha il terrore dei serpenti può cercare (piuttosto facilmente) di evitarli, chi soffre di fobia sociale rischia un attacco di panico ogni volta che si trova fra gli altri e chi ha un’ agorafobia si rinchiude in casa.
Sconfiggere le paure però è possibile, come sottolinea uno studio appena pubblicato sull’ American Journal of Psychiatry secondo cui l’approccio più utile ed efficace deve tenere conto anche dei vissuti del paziente.
Stando agli autori ansia e paure sono responsabili di processi “inconsapevoli” che portano a sintomi fisiologici e comportamentali (dalle somatizzazioni all’ansia anticipatoria, fino ai comportamenti di evitamento) da affrontare con terapie farmacologiche o psicoterapia, ma provocano anche emozioni “consapevoli” da combattere con approcci psicoterapici.
«Fobie e ansia si possono curare, ma innanzitutto occorre una diagnosi precisa del disturbo e della sua gravità — spiega Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria —. Quando il problema interferisce con la qualità di vita è il momento di chiedere aiuto».
Nel mondo attuale non riuscire a stare in gruppo non è solo una forma estrema di riservatezza come si poteva credere in passato, ma un impedimento grave a una vita sociale normale; non poter prendere un aereo può pregiudicare possibilità di carriera.
Prendere atto delle proprie paure e affrontarle diventa spesso indispensabile, ma come osserva Bernardo Carpiniello, docente di psichiatria all’Università di Cagliari: «Tuttora c’è chi scambia il disturbo d’ansia sociale per timidezza accentuata, pensando sia un tratto del carattere. Tanti si abituano a convivere con la paura, fino al 50 per cento dei pazienti arriva in ritardo alla diagnosi. Finché si tratta di una fobia specifica può essere relativamente facile scansare ciò che scatena il panico, ma nelle forme più complesse come la fobia sociale o l’agorafobia il disagio cambia l’esistenza, genera vissuti di inferiorità ed è invalidante».
La cura dei casi più complicati della singola fobia (ma la maggior parte dei pazienti ne colleziona più d’una) prevede psicoterapia, farmaci o entrambi a seconda della situazione. «La terapia cognitivo-comportamentale e la psicodinamica sono le psicoterapie con maggiori evidenze di efficacia — dice Carpiniello —. Sono interventi brevi dai sei ai dodici mesi, massimo due anni; in alcuni casi però è necessario un “richiamo” perché il disturbo ritorna, anche a distanza di lungo tempo. Non sappiamo perché accada o quali siano i fattori di rischio, ma è un’eventualità reale pure quando si ricorre a terapie con i farmaci».
I principi attivi usati sono le benzodiazepine e alcuni antidepressivi. «Guai però al fai da te: il rischio è un uso incongruo e nel caso delle benzodiazepine c’è un’elevata probabilità di sviluppo di tolleranza - ovvero la necessità di aumentare la dose per avere un effetto - e di dipendenza — sottolinea Mencacci —. Questi farmaci vanno gestiti dal medico, valutando quale principio attivo sia più adatto e riducendo gradualmente le dosi quando la cura si avvia alla conclusione. Purtroppo esistono sia gli “spericolati” che fanno da sé sia i “farmacofobici”, per cui qualsiasi medicina è veleno: l’atteggiamento ragionevole sta in mezzo.
«Gli ansiolitici sono molto utili per le situazioni acute di paura, per esempio se si deve prendere un aereo; nelle fobie sociali o nell’agorafobia, che si associa spesso ad attacchi di panico, si usano invece soprattutto antidepressivi inibitori della ricaptazione di serotonina — aggiunge Carpiniello —. Sono medicinali che danno ottimi risultati e a volte bastano uno o due mesi di trattamento per ottenere un miglioramento evidente».