domenica 9 ottobre 2016

Corriere La Lettura 9.10.16
Il mondo dei centenari, tante vite in una sola
Esistenze lunghe, molto lunghe sono una realtà. E se già oggi è assai probabile che un bambino dell’Occidente possa superare il secolo, questo significa che occorre ridisegnare meccanismi e forme della nostra società
di Ricardo Franco Levi

Helmut Kohl, cancelliere della Germania dal 1982 al 1998, amava raccontare che nei primissimi anni del suo governo scriveva di persona gli auguri per i concittadini che compivano cent’anni. Sul finire del cancellierato fu costretto a porre fine a quest’omaggio, tanto numerosi erano diventati i tedeschi in grado di spegnere cento candeline sulle loro torte di compleanno.
Sarà sempre più così. Un bambino nato oggi in un Paese dell’Occidente industrializzato ha molte probabilità di vivere fino a 105 anni. Lo scrivono Lynda Gratton e Andrew Scott nel loro recente e già acclamato The 100-Year Life. Living and Working in an Age of Longevity (Bloomsbury, pagine 264, £ 18,99). Un libro che chiunque abbia responsabilità di governo farebbe bene a leggere, perché «la vita di 100 anni» e «il vivere e il lavorare in un’era di longevità» implicherà un «fondamentale ridisegno della vita».
Una vita più lunga costituisce un progresso dell’umanità, che porta con sé problemi ma che deve essere colto come un’opportunità. Vivere più a lungo, molto più a lungo, non è e non sarà solo una questione d’invecchiamento, degli ultimi anni della vita, ma avrà conseguenze su tutte le età, su tutte le stagioni della vita. Già ora ci si sposa e si hanno figli più tardi, si hanno percorsi di studio e poi di lavoro meno lineari. E se per garantirsi una grande vecchiaia i giovani di oggi dovranno lavorare più a lungo, anche fino a quasi ottant’anni, allora anche il sistema degli studi dovrà cambiare e non considerare concluso il processo di apprendimento tra i venti e i trent’anni.
In una vita di cent’anni le generazioni si mescoleranno di più, i bambini conosceranno i loro bisnonni, sarà abbastanza normale sposarsi due o tre volte, ci saranno più tempo e più occasioni di rinnovare i propri saperi e le proprie passioni, saranno numerosi gli anziani che torneranno a studiare o a fare lavori più semplici, scendendo e non più salendo nelle gerarchie aziendali o professionali. Molto di tutto questo potrà essere per il bene. Ma richiederà una grande dose d’innovazione, intelligenza e flessibilità nell’adottare una prospettiva che copra l’intero arco della vita: nell’istruzione e nella sanità come nel fisco, nella previdenza o nell’organizzazione del lavoro. E si dovrà operare perché i benefici di una vita lunga e buona non siano ristretti a pochi ma siano largamente condivisi.
Il rischio che per molti le diverse condizioni nelle quali si affronterà una vita sempre più lunga si trasformino in fonte di un’ultima e per questo ancor più insopportabile diseguaglianza sono molto alti. Per il governo delle società, per la Politica con la «P» maiuscola una grande ma splendida sfida.