Corriere La Lettura 23.10.16
Via le religioni (e la cucina) da ogni governo
Fernando Savater rilegge la lezione di Voltaire sull’intolleranza
di Giulio Giorello
«Ci
sono voluti sessant’anni per farci accettare quello che Newton aveva
dimostrato; incominciamo appena adesso a salvare la vita dei nostri
bambini col vaccino; non applichiamo che da poco tempo i giusti principi
dell’agricoltura: quando cominceremo ad applicare i giusti principi
dell’umanità?». Così Voltaire scriveva in una pagina del suo Trattato
sulla tolleranza , pubblicato nel dicembre del 1763. Il 9 marzo
dell’anno precedente a Tolosa era stato messo a morte il protestante
Jean Calas, che una giuria aveva ritenuto colpevole della morte di un
figlio «impiccato dal padre stesso» perché aveva espresso l’intenzione
di tornare alla fede cattolica. Voltaire si era convinto presto che
quella condanna era l’ennesimo mostruoso errore giudiziario ispirato dal
fanatismo manifestato dalla maggioranza cattolica della città. Nello
stesso tempo aveva compreso il peso di quella che oggi chiamiamo
opinione pubblica sulla vita dei singoli cittadini. Doveva scrivere
nell’opera di teatro Olimpia il verso: «L’opinione fa tutto; è lei che
ti ha condannato».
Poteva sembrare una resa, era invece l’inizio
di una nuova battaglia. Nel giugno del 1764 aveva visto la luce il
Dizionario filosofico portatile , che tutto era tranne che un dizionario
nel senso usuale del termine; piuttosto un’arma filosofica contro i
disastri prodotti da pregiudizi e superstizioni, disponibile per
qualsiasi tipo di lettori, per il fatto che era trasportabile e
facilmente consultabile, al contrario dei grandi volumi di «metafisica»
destinati a una ristretta cerchia di eruditi. Nella voce «Miracoli» del
Dizionario si legge: «Un miracolo è la violazione delle leggi
matematiche, divine, immutabili, eterne. Solo per questa definizione, un
miracolo è una contraddizione in termini: una legge non può essere
immutabile e violata»; e perché mai «per favorire gli uomini Dio
dovrebbe alterare ciò che ha stabilito per tutti i tempi e per tutti i
luoghi? I suoi favori sono già nelle sue stesse leggi». E nella voce
«Abramo» (che apre la prima edizione) Voltaire diceva che era uno di
quei personaggi «come Thot tra gli Egizi, l’antico Zoroastro in Persia,
Ercole in Grecia, Orfeo in Tracia, Odino presso i popoli del
Settentrione, che sono più noti per la loro fama che non per una storia
ben accertata».
Bastava questo perché all’epoca l’opera di
Voltaire fosse considerata un libro uscito «dal torchio di stampa di
Belzebù!». E oggi? «È mercé dunque alla filosofia/ che in Europa vi son
più lumi che pria,/ i mortali sono meno inumani,/ l’acciaio è spuntato, i
fuochi lontani», verseggiava lo stesso Voltaire. Anche per merito suo
il fanatismo sarebbe stato costretto a cessare guerre e roghi; però c’è
da dubitare che sia davvero così.
Fernando Savater, uno dei
maggiori intellettuali spagnoli contemporanei, nel suo Voltaire contro i
fanati ci (Laterza) si chiede «che cosa ci resta veramente di Voltaire?
Ci resta l’esempio della sua militanza, (...) che non mirava
semplicemente a modificare la nostra comprensione del mondo o la
condotta individuale del saggio nel mondo, ma a modificare il mondo
stesso (...); nessuno prima di lui si era accorto con tanta chiarezza
della forza rigeneratrice che le idee possono esercitare sull’opaca e
logora struttura della società».
Savater sottopone al lettore
agili estratti dalle opere di Voltaire che illustrano la necessità di
«separare ogni tipo di religione da qualunque genere di governo», in
modo che «la religione non debba essere questione di stato in misura
maggiore che la cucina». E i filosofi debbono «lavorare alla vigna e
schiacciare l’infame». Gli infami sono i tanti «scellerati devoti» che
impongono la condanna di opinioni e forme di vita diverse dalle loro.
Soprattutto in questioni «spirituali». «Quanto più divina è la religione
cristiana, tanto meno spetta all’uomo imporla; se Dio l’ha fatta, Dio
la sosterrà senza di voi». Per Savater sono ancora troppi i fanatici che
hanno «l’hobby di uccidere». Resistere a costoro che ancora si sentono
«crudeli come dèi», è importante oggi come all’epoca di Calas. E
smettiamola di credere che l’immenso universo sia stato fatto da un
nostro Dio solo per noi . Noi siamo piccolissimi atomi, «i cui occhi
guidati dal pensiero hanno però osservato la Luna».