Corriere La Lettura 16.10.16
Un profeta armato di Bibbia e coscienza
di Marco Rizzi
Il
1517 non è solo l’anno in cui vengono affisse le 95 tesi sulle porte
della chiesa del castello di Wittenberg, ma anche quello in cui il loro
autore si firma per la prima volta Martin Eleutherius, «Libero» in
greco, semplificato poi in Martin Luther, con cui l’iniziatore della
Riforma è passato alla storia.
Martin Luder — questo era il
cognome di famiglia — era nato il 10 novembre 1483 a Eisleben, in
Turingia, primogenito del piccolo imprenditore agricolo e minerario Hans
e di Margarethe Lindemann, figlia di un esponente della borghesia. Dato
che la prassi di successione prevedeva che i beni di famiglia
passassero indivisi al figlio minore, il padre di Martin aveva pensato
di garantirgli un futuro, e al tempo stesso di completare l’ascesa
sociale della famiglia, indirizzandolo allo studio del diritto. In
questo modo, il giovane Martin avrebbe potuto guadagnarsi un posto nella
nascente burocrazia dei principi di Sassonia che governavano la città
di Mansfeld, dove la famiglia si era trasferita poco dopo la sua
nascita.
Nel 1501 Martin si immatricola alla facoltà delle Arti,
propedeutica a quella di Giurisprudenza, dell’Università di Erfurt,
piccola ma in rapida ascesa. Ottenuto il titolo di magister artium ,
proprio mentre iniziava gli studi di diritto, la vita del giovane
studente subì una svolta repentina. Durante un viaggio, il 2 luglio 1505
fu sorpreso da una violenta tempesta; temendo per la propria vita,
invocò la protezione di Sant’Anna, allora assai venerata in Germania,
promettendo di farsi monaco in cambio della salvezza. Dopo 15 giorni,
Martin entrò nel convento degli agostiniani di Erfurt. Il padre ne fu
sconcertato. Ripercorrendo l’episodio più tardi, dopo aver lasciato il
convento ed essersi sposato, Martin riconoscerà le buone ragioni del
genitore, ma affermerà che la sua scelta rientrava nel disegno
provvidenziale, perché gli fosse concesso di toccare con mano i limiti
della vita religiosa che di lì a poco avrebbe contribuito a
rivoluzionare.
Al di là dell’episodio, appare chiaro che la scelta
del giovane studente indica una insoddisfazione di fondo per il futuro
che lo attendeva, in cui si riflettevano inquietudini più generali che
percorrevano l’intero mondo cristiano dell’epoca, che avevano dato
origine a movimenti di riforma e di rinnovamento della vita religiosa,
spesso sfociati nell’eresia. Era inevitabile che queste tensioni
restassero vive nel giovane, passato allo studio della teologia
nell’Università di Wittenberg, dove nel 1512 divenne docente. Nel
frattempo, un pellegrinaggio (a piedi) a Roma gli aveva fatto constatare
i limiti e le contraddizioni del papato rinascimentale, impegnato nelle
vicende della politica europea e nella trasformazione urbanistica della
città, più che nella sua funzione di guida spirituale della cristianità
— o almeno così appariva agli occhi dell’inquieto agostiniano.
Decisivo
è il corso sulla lettera di San Paolo ai Romani che il giovane docente
tenne a partire dal 1515; grazie alle pagine dell’apostolo, diviene
consapevole che l’uomo non può salvarsi in forza dell’osservanza delle
pratiche religiose prescritte dalla Chiesa, ma solo per la gratuita
azione di Dio e per l’incondizionata fede in Cristo. Inevitabile,
quindi, la sua opposizione, che si esprime nelle 95 tesi, alla campagna
di predicazione delle indulgenze avviata in Germania nel 1517. Pensate
come un invito alla discussione accademica, secondo una prassi comune
all’epoca, le tesi ottennero una risonanza del tutto inattesa, che portò
l’anno successivo alla prima di una lunga serie di dispute pubbliche
con altri teologi, e a una convocazione a Roma cui Lutero — ormai così
si firmava — non ottemperò, potendo contare sulla protezione del
principe elettore Federico di Sassonia.
Tra il 1517 e il 1521,
quando viene infine scomunicato, Lutero consolida le sue acquisizioni
teologiche e l’intima consapevolezza che sul soglio papale si è
insediato l’Anticristo, lo strumento umano del diavolo per condurre a
perdizione l’umanità. È la fine delle sue speranze di poter rinnovare
dall’interno la Chiesa. La rottura definitiva si consuma alla Dieta
imperiale di Worms, la riunione di tutti i principi tedeschi, alla
presenza dell’imperatore Carlo V, eletto due anni prima. «A meno che io
non sia convinto con la Scrittura e con chiari ragionamenti (poiché non
accetto l’autorità di Papi e Concili che si sono contraddetti l’un
l’altro), la mia coscienza è vincolata alla Parola di Dio. Non posso e
non voglio ritrattare nulla perché non è giusto né salutare andare
contro coscienza. Qui sto saldo. Non posso fare altrimenti. Iddio mi
aiuti», dichiara Lutero. Bibbia e coscienza individuale sono gli
strumenti a disposizione di ogni cristiano per accedere alla salvezza:
la Chiesa non può più pretendere un ruolo che le prevarichi.
Sulla
via del ritorno, Federico di Sassonia inscena un finto rapimento per
sottrarre Lutero alle conseguenze dell’editto di condanna che Carlo V
emana da Worms. Ritiratosi nel castello di Wartburg sotto falso nome, in
poco più di un anno Lutero traduce l’intera Bibbia in tedesco,
un’impresa che travalica la dimensione religiosa e crea di fatto la
lingua tedesca moderna. Da questo momento, le sue vicende personali
passano in secondo piano rispetto al divampare dei movimenti di Riforma
in Germania, Svizzera, Francia, Nord Europa. Egli vi partecipò
attivamente fino alla morte avvenuta nel 1546, grazie a una monumentale
attività di scrittura e di predicazione; ben presto, però, altri
divennero i leader politici ed ecclesiastici di primo piano del mondo
che dal 1529 in poi sarà detto «protestante», con cui spesso Lutero si
trovò a polemizzare. Le stesse Chiese luterane devono la loro
sistemazione definitiva, in termini teologici e organizzativi, a
Melantone, fedele collaboratore di Lutero fin dagli anni
dell’insegnamento universitario.
Il ruolo decisivo di Lutero nella
storia si è dunque consumato in un breve volgere di anni, a partire da
quel 1517 di cui sta per celebrarsi l’anniversario. Da allora a oggi,
l’immagine di Lutero è profondamente mutata. Nei secoli delle guerre di
religione e delle lotte confessionali, prevaleva l’iniziatore della
Riforma, l’oppositore dell’autoritarismo papale, il creatore e difensore
dell’identità tedesca — o al contrario, l’eretico, il ribelle, il
distruttore dell’unità del mondo cristiano. Tra Otto e Novecento, poi,
si è venuta affermando l’idea di Lutero e della Riforma quali fattori
d’avvio del mondo moderno, soprattutto grazie a Max Weber e al suo
scritto L’etica protestante e lo spirito del capitalismo . In realtà la
storiografia più recente, esemplificata al meglio dall’imponente
biografia di Heinz Schilling, ora tradotta in italiano da Claudiana, ne
rivaluta il più genuino profilo di spirito autenticamente religioso,
uomo inquieto sospeso tra Medioevo e Rinascimento, ma autentico
cristiano affidatosi alla Parola e alla Grazia di Dio. Lo riconosce in
un breve ma denso saggio, edito da Queriniana, anche il cardinale
Kasper, a lungo responsabile vaticano per il dialogo ecumenico, assai
vicino al vescovo di Roma che si accinge a celebrare a Lund, il 31
ottobre, l’anniversario con i fratelli luterani.