Corriere 9.10.16
Africa Orient Express Inaugurata la ferrovia tra Addis Abeba e il porto di Gibuti
760 chilometri di binari costruiti e finanziati dai cinesi
L’Etiopia ritrova il mare, Pechino guadagna una base
di Guido Santevecchi
PECHINO
Da questa settimana l’Africa orientale ha la sua prima linea
ferroviaria completamente elettrificata. Collega Addis Abeba a Gibuti, è
lunga 760 chilometri (656 in territorio etiopico) ed è stata costruita
in tre anni e mezzo da un consorzio cinese a un costo di 4 miliardi di
dollari circa, per il 70% finanziati da una banca di Pechino.
Per
l’Etiopia, che non ha sbocchi sul mare, la grande opera è un balzo nel
futuro, riduce i tempi di percorrenza tra la sua capitale e il porto di
Gibuti sul Mar Rosso dai due o tre giorni che fino a ora si impiegavano
su una vecchia strada a sole 12 ore. I treni percorreranno i 760
chilometri di tratta a una velocità massima di 120 km orari.
C’era
un senso di avvenimento storico alla nuova stazione di Addis Abeba per
la partenza del primo convoglio, il 5 ottobre. La ferrovia in Africa è
arrivata con gli imperi coloniali, che l’hanno usata per i loro scopi
commerciali e di controllo militare del territorio. La nuova linea
elettrificata corre accanto al vecchio collegamento costruito dai
francesi nel 1917 quando Gibuti era loro e poi spentasi per mancanza di
ammodernamento. «Aspettavamo da cent’anni», ha detto il presidente della
Repubblica di Gibuti.
Nonostante stia registrando una buona
crescita, il 10,2% nel 2015 anche se quest’anno sconterà l’impatto di
una gravissima siccità, l’Etiopia non ce l’avrebbe mai fatta da sola a
costruire l’infrastruttura. Per questo è stato ben accolto l’intervento
della Cina, il nuovo Impero che sta investendo centinaia di miliardi in
Africa per aprirsi nuovi mercati e accrescere il suo peso geopolitico.
La
ferrovia Addis Abeba Gibuti è un miracolo cinese. Le locomotive
arrivano da Pechino, i 300 vagoni sono stati assemblati in Etiopia con
componenti portati dalla Cina. Ingegneri, capistazione, capitreno e
responsabili dei servizi di bordo sono cinesi in divisa rossa e guanti
bianchi.
Al momento le Ethiopian Railways somigliano a una
succursale delle ferrovie cinesi, fino alle uniformi del personale,
dello stesso taglio di quelle che si vedono alle stazioni di Pechino e
Shanghai. Per i prossimi cinque anni la gestione è stata affidata a un
operatore cinese: il personale etiopico è affiancato per fare sperienza.
La
Cina continua a penetrare nell’economia e nel cuore dei governi
africani, senza preoccuparsi troppo dei conflitti in corso e dei diritti
umani: in Etiopia in queste settimane i gruppi etnici oromo e amhara
hanno lanciato proteste contro il potere centrale in mano ai tigrini, la
polizia ha reagito sparando e facendo una cinquantina di morti.
La
nuova ferrovia fa parte del grande piano geopolitico di Pechino in
Africa: il governo di Gibuti ha concesso ai cinesi lo spazio per una
base navale proprio di fronte a quella americana.
La corsa non
finisce qui: Pechino ha firmato i contratti per completare una linea ad
alta velocità tra Mombasa in Kenya e Malaba, al confine con l’Uganda. E
anche questo era un vecchio percorso risalente all’Impero, quello
britannico, quando le locomotive andavano a carbone.