Il Sole 9.10.16
L’America confusa in crisi di identità
Orrendo
di Mario Platero
Non
che nel 2016 a Washington ci si aspetti ancora l’arrivo di un Mr.
Smith, buono, ingenuo, idealista, simbolo delle possibilità illimitate
della democrazia americana, come ci raccontava Frank Capra nel suo
storico film.
Ma che metà del Paese possa scegliere di mandare a
Washington Mr. Trump, ci dà il segno di un’America in crisi. Tutto nella
brutta storia dell’audio/video di Donald Trump e dei suoi orrendi
commenti sulle donne è simbolico di un paese confuso, afflitto da slogan
elettorali che puntano più sui temi dei reality show che non sulla
sostanza della politica e del fare. Si sapeva che Trump fosse la summa
delle vogarità e superficilità che ci raccontano il video. Da ieri ne
abbiamo la prova.
Ma il problema dei “peccadillos” riguarda anche
Hillary Clinton: corre anche lei il rischio di una “sorpresa di ottobre”
simile a quella che la sua campagna ha scatenato su Trump prima del
secondo dibattito di stasera? Trump attaccherà quasi certamente la First
Lady per le interperanze sessuali del marito. Ma fino a dove si
spingerà? Ci sono molti pettegolezzi che riguardano entrambi i Clinton.
Senza prove per Trump sarà difficile tradurre in attacchi i pettegolezzi
su presunti scandali sessuali recenti. Ma ci saranno le recidive foto
porno di Anthony Weiner, il marito di Huma Abedin, la persona più vicina
alla signora Clinton in campagna elettorale (separati da poche
settimane).
Che cosa ha portato questo peggioramento nella
proiezione dei valori morali? Non solo la crisi della classe media e la
crescita asfittica dell’economia. La risposta ce l’ha data lo stesso
Trump nel video scandalo di venerdì sera:« A una star è concesso tutto,
posso acchiappare le donne per la f...» dice vantandosi dei suoi abusi
fisici e morali sulle donne. Le “star” sono quelle dei reality show, che
hanno preso il posto dei film idilliaci di Frank Capra. E credo che gli
effetti moltiplicatori negativi che trasudano da ogni reality show
siano incalcolabili, anche da noi.
Non che l’America degli anni 50
o 60 o quella del 1939 di Frank Capra fosse senza peccati. John Kennedy
e Marylin Monroe insegnano. Ma senza Internet - e senza i social
network - era ancora possibile stendere una coperta di pudore. E i
“peccati” erano comunque eccezioni nella grande America effettivamente
ingenua di allora. Tolta la coperta, con Trump vale tutto. Il merito del
non essere politicamente corretti si traduce nel vanto che il
«linguaggio da spogliatoio» vada benissimo: «Boys will be boys» dicevano
ancora ieri i suoi sostenitori ridacchiando.
La sfida di Hillary,
salvo sorprese di ottobre, sarà di ricucire il paese attorno ai valori
dei padri fondatori, ispirati a Platone, Bacon, Omero e Dante, come ci
ricordano le Statue che abbiamo visto proprio ieri nella Library of
Congress dove si celebrava Amerigo Vespucci. Sarà davvero possibile
nell’anno 2016 dell’era Internet? Sia Tim Kaine che Mike Pence, i
candidati alla vicepresidenza sembrano certo più, vicini a Mr. Smith che
a Mr. Trump. E difatti, non arrivano da New York, come Trump o Hillary,
ma dalla Virginia e dal Minnesota, dove le ingenuità dell’America dei
Mr. Smith sono ancora possibili.