Corriere 8.10.16
Usa
Le infedeltà coniugali e gli obblighi della politica
risponde Sergio Romano
Il
 Corriere ha definito «un incubo» per la candidata dei democratici alla 
presidenza Usa le tante infedeltà coniugali di Bill Clinton, che 
potrebbero essere utilizzate da Donald Trump contro Hillary. Nella sua 
corrispondenza, da New York, Giuseppe Sarcina ha spiegato che il magnate
 tenterà di mettere in pessima luce anche la difesa del presidente, da 
parte dell’allora First lady della Casa Bianca: il tentativo, cioè, di 
screditare le amanti del marito, distruggendone la reputazione. Quanto 
peserà, a suo avviso, l’ingombrante passato di Bill Clinton sulle 
elezioni presidenziali di novembre? Ci sono analogie tra le vicende 
«erotico-politiche» d’Oltreoceano e la campagna mediatica che venne 
scatenata in Italia contro l’allora premier, Silvio Berlusconi, assolto 
in appello per l’ «affare-Ruby»? Ma che, certo, ne converrà, fu 
politicamente indebolito dai tanti attacchi che subì sulle 
frequentazioni di avvenenti donne molto più giovani del primo ministro.
Pietro Mancini
Caro Mancini,
Alla sua prima domanda rispondo che le 
intemperanze sessuali di Bill Clinton non dovrebbero avere alcuna 
influenza sulle elezioni. Sono vicende di parecchi anni fa e Hillary 
Clinton merita piuttosto di essere elogiata per il dignitoso buon senso 
di cui dette prova in quelle circostanze. Ma vi sono almeno due fattori 
che, sommati, rendono questi scandali più frequenti e i loro effetti 
meno prevedibili. In primo luogo è cambiato il galateo dei mezzi 
d’informazione. Vi è stato un lungo periodo in cui le chiacchiere sugli 
amori clandestini di una personalità pubblica apparivano soltanto sulla 
stampa scandalistica ed erano generalmente ignorate dai migliori 
giornali di opinione. In Gran Bretagna la regola è stata osservata, più o
 meno, sino alla intervista televisiva della principessa Diana per un 
programma della Bbc nel 1995. In Francia, dove un presidente della 
Repubblica, nel 1899, morì durante un amplesso pomeridiano in un salotto
 dell’Eliseo, questa tradizione è stata rispettata sino alla presidenza 
di François Hollande. Oggi la distinzione sopravvive soltanto nello 
stile con cui i due giornalismi raccontano queste vicende. Ma le remore 
del passato sono scomparse.
   Il secondo fattore è la maggiore 
loquacità delle amanti o delle loro amiche. Il fenomeno non è nuovo, ma 
molto più diffuso del passato. Fu Gennifer Flowers che rivelò la sua 
relazione con Bill Clinton. Fu una compagna di lavoro di Monica Lewinsky
 che diffuse la notizia di un rapporto «improprio» con il presidente 
nello studio ovale. Fu Anita Hill, giovane professore di Diritto in una 
università dell’Oklahoma, che nel 1991 accusò il giudice Clarence Thomas
 di molestie sessuali mentre il magistrato, nominato dal presidente alla
 Corte Suprema, attendeva l’approvazione del Senato e si proclamava 
innocente. Il caso è stato raccontato in un film recente, «Confirmation»
 di Rick Famuyiwa, con una scrupolo documentario che lascia lo 
spettatore incerto sulle opposte tesi dei due protagonisti. Come spesso 
in queste vicende continueremo a chiederci se l’uomo abbia abusato della
 sua autorità o la donna abbia approfittato del nuovo clima creato dalla
 emancipazione femminile per conquistare popolarità o saldare un conto 
privato.
Quale che sia la verità, gli uomini pubblici, in questo 
nuovo clima, devono dare prova di maggiore prudenza. È questa a mio 
avviso la maggiore colpa di Berlusconi nel così detto «affare Ruby». 
Parafrasando Talleyrand quelle serate nella villa di Arcore erano peggio
 di un reato; erano un errore di gusto e di stile.
 
