Corriere 8.10.16
L’imbarazzo dem, partito diviso D’Alema e Veltroni lo chiamano
Orfini si difende: lui via perché incapace. La sinistra con il chirurgo
di Al. T.
ROMA
 «Ma quali scuse, Marino resta un bugiardo, ma sono contento che lo 
abbiano assolto». Stefano Esposito, al solito, è il più franco tra i 
politici del Partito democratico nel parlare del caso Marino.
Non 
ci pensa neanche a fare mea culpa, esattamente come Matteo Orfini, che 
però ritiene controproducente esporsi troppo e quindi condensa il suo 
gelo nei 140 caratteri di Twitter: «Ricordo che chiedemmo le dimissioni 
di Marino non per gli scontrini (a farlo fu Sel) ma perché incapace di 
risolvere i problemi di Roma».
Eppure l’imbarazzo è palpabile. I 
fan lo acclamano al grido di «aridatece Marino». Lui gongola in 
conferenza stampa, cita il Qoelet e — dopo le domande — esibisce due 
telefonate « pesanti» : «Mi hanno chiamato due leader nazionali, uno si 
chiama Walter e l’altro si chiama Massimo». Veltroni e D’Alema. Manca 
l’ultimo segretario, Matteo Renzi. Del resto i più calorosi nel 
complimentarsi per l’assoluzione sono gli esponenti della minoranza. 
Roberto Speranza, che dà «un abbraccio a una persona perbene». E Gianni 
Cuperlo, che esprime «un sentimento di amicizia» verso Marino.
Antonio
 Bassolino, invece, preferisce andare al cuore della questione e fa una 
domanda retorica: «Qualcuno del Pd romano e nazionale chiederà almeno 
scusa a Ignazio Marino?». Stefano Fassina, ex pd transitato verso Sel, 
va addirittura oltre e chiede che le scuse arrivino «a Marino e ad 
Alemanno».
Decisamente improbabile, e infatti non arrivano. L’ex 
sindaco commenta così: «Per chiedere scusa servono capacità d’analisi, 
umiltà e onestà». A Orfini risponde lapidario: «Non commento i 
personaggi di Collodi».
Esposito non fa sconti all’ex sindaco: «La
 fine della sua esperienza è dovuta alla sua inadeguatezza. Ha mentito 
sempre, basta vedere il suo libro, che non ho comprato: ho letto solo la
 parte che mi riguarda e non c’è una sola parola vera. Faccia 
autocritica e invece di chiedere scusa, spieghi perché ha votato Raggi. 
Poi, se vuole, si reiscriva al Pd».
Esposito si professa 
garantista: «Vorrei che il mio partito lo fosse di più. Penso a Penati, 
che ho sempre difeso e che fu cancellato dall’anagrafe degli iscritti e 
di fatto espulso dal Pd». Carriere stroncate, anche se è una storia 
inevitabile per Esposito: «Può accadere anche a me. Non ce lo ordina il 
medico di fare politica. E in un Paese infestato dalla corruzione 
bisogna combattere. Come in tutte le battaglie, possono esserci vittime 
collaterali. L’importante è che venga restituita loro la dignità. Per 
esempio mi sarei aspettato che Zingaretti rimettesse al suo posto il 
capo di gabinetto Maurizio Venafro, uscito dall’inchiesta. Il mio 
modello è Vasco Errani, riabilitato dopo le inchieste».
Esposito 
poi conclude sulla questione Mafia Capitale: «Bene ha fatto il 
procuratore Pignatone a chiedere tutte queste archiviazioni, anche 
perché sono tutte chiamate di correo, che vanno verificate. Ma non 
vorrei che queste notizie producessero un simpatico effetto: che 
qualcuno pensi che sia stato tutto uno scherzo. Che Mafia Capitale è 
stata una bufala. Semmai è il contrario, bisogna andare più in 
profondità. Perché la mafia è ancora qui, a Roma» .
 
