venerdì 7 ottobre 2016

Corriere 7.10.16
Il centrodestra silenzioso che può cambiare i pronostici
di Massimo Franco

L’esercito del No appare agguerrito, in vantaggio e convinto di vincere. Quello del Sì ostenta uguale sicurezza, ma in realtà ne ha meno. E la girandola di incontri che Matteo Renzi sta avendo in Italia tra molte polemiche ne è la controprova. Ma se si osserva con freddezza il fronte contrario alle riforme referendarie, si intravedono alcune crepe: simmetriche a quelle presenti nel campo governativo. Significa che analizzare la campagna con logiche di partito è fuorviante; e che non solo a sinistra ma anche a destra ci sono elettori che rifiutano ordini di scuderia.
È questa situazione magmatica a spiegare l’alto numero di indecisi; e a proiettare tuttora un’ombra di incertezza sul risultato finale. Nelle file del Pd e nella sinistra radicale lo scontro con Matteo Renzi non è solo vistoso: viene rivendicato come una bandiera identitaria. Il No si proclama in difesa della Costituzione, e contro il referendum del 4 dicembre; e contro il premier e il suo governo. La sorpresa potrebbe spuntare invece nella pancia del centrodestra. Ufficialmente, lì sono tutti per il No, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini. L’unico Sì è quello del partitino di Angelino Alfano, alleato al governo con Renzi.
Tra l’atteggiamento compatto delle nomenklature di partito e la realtà del corpo elettorale di centrodestra, si percepisce però più di una contraddizione. Intanto, l’assenza dall’Italia di Berlusconi per motivi di salute toglie dalla scena uno dei leader del No. E questo disorienta un mondo berlusconiano in parte esitante a schierarsi con Beppe Grillo, la sinistra Dem e l’alleato-coltello Salvini. A rilevarlo con un certo candore è Stefano Parisi, candidato molto in pectore di un centrodestra da rifondare. «Mi auguro che Berlusconi», ha ammesso, «faccia campagna attiva per il No...».
L’impressione di Parisi è che «tante persone del centrodestra sono orientate a votare Sì». Pesa anche l’allarmismo che, a suo avviso, Renzi e i suoi ministri spargono su un esito negativo del referendum. «Questo è terrorismo psicologico a danno dei risparmiatori», secondo Parisi. Difficilmente, tuttavia, dal centrodestra si alzerà qualche voce autorevole a favore del Sì. L’unico indizio di perplessità sta nei silenzi di alcuni esponenti di FI, in stridente contrasto con il No a tutto tondo di altri, come il capogruppo Renato Brunetta, e dei leghisti.
Si tratta di un’area silenziosa che alla fine potrebbe rovesciare i pronostici. La caccia agli elettori di destra decisa da Renzi tra le proteste del Pd si spiega su questo sfondo. Renzi cerca di presentarsi in vesti più moderate, riconoscendo che alcune riforme «sono finite con la fiducia, che non è bellissimo: un atto di forzatura, tra virgolette...». Il premier ripete anche che in palio non c’è lui, che ha sbagliato a personalizzare. Ma la sua onnipresenza dice che, se anche volesse, gli sarà difficile far credere che sia così. E i veleni scorrono.