Corriere 5.10.16
L’enigma delle spese
L’ ambizione è un sentimento buono. Ma se si hanno concrete possibilità di realizzare i propri obiettivi
di Daniele Manca
Il
ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si è detto convinto che per
quanto «ambizioso» sia «realizzabile» quell’uno per cento di crescita
che il governo ha indicato per il 2017. Analoga definizione era stata
usata il giorno prima dalla Banca d’Italia nell’audizione parlamentare
sui conti pubblici.
Da quel numero dipende molto. A cominciare
dalla cornice all’interno della quale iscrivere la manovra e la legge di
Bilancio per il prossimo anno. Da quella cifra dipenderà il giudizio
che la Commissione europea sarà chiamata a dare sullo stato di salute
delle finanze italiane, perché in rapporto a quel numero verrà definito
il deficit e il debito pubblico.
Ma se quello è l’obiettivo, i
dubbi nascono dal percorso per arrivare a raggiungerlo. La Banca
d’Italia è su questo che ha appuntato la sua attenzione. È la stessa
attenzione che ci verrà riservata dagli osservatori internazionali, a
cominciare dal Fondo monetario che ha già rivisto al ribasso, allo 0,9
per cento, lo sviluppo 2017. Oltre che da Bruxelles.
Padoan ha
detto che la strada sarà chiara. E c’è da augurarselo quando, stando
alle parole del premier, Matteo Renzi, entro fine settimana prossima la
manovra sarà presentata. La qualità di una legge di Bilancio è
fondamentale.
Si prenda il tema legato alla messa in sicurezza del
Paese, soprattutto dopo l’emozione suscitata dal terremoto di oltre un
mese fa nel Centro Italia. È diventato un impegno del governo. Il
confronto, a tratti aspro, con la Commissione europea sul come
considerare gli investimenti necessari, si è già avviato. Etichettarli
come spese sarebbe un grave errore oltre che una sottovalutazione
gravissima in un Paese con zone ad alto rischio sismico.
O meglio,
la differenza è tra spese produttive e improduttive. È su queste ultime
che dovrebbe esercitarsi una buona spending review. La possibilità di
affiancare alla messa in sicurezza delle abitazioni, scuole e ospedali,
anche il rendere gli edifici efficienti dal punto di vista energetico,
potrebbe essere una strada per rendere quello che deve diventare un
obbligo, la sicurezza, anche un’opportunità. L’operazione, oltre a
potersi ripagare nel tempo con i risparmi sul fronte dell’energia,
darebbe spessore alle scelte di investimento.
Quegli investimenti
pubblici e privati del quale il Paese ha bisogno. Ci ritroviamo a essere
il Paese che cresce meno in Europa (secondo le stime del Fondo
monetario nel 2017 l’area euro crescerà dell’1,5 per cento, l’Italia
dello 0,9 per cento).
Gli effetti sulla legge di Bilancio ci sono, non si può fare finta che ciò non implichi delle conseguenze.
Se
dovesse verificarsi una situazione del genere ci saranno conseguenze
contabili, banalmente su un rapporto deficit prodotto interno lordo che
aumenterà. E così accadrà per quello tra debito e Pil. Non aiutano, come
sottolineato peraltro da Bankitalia, le incertezze dei mercati che
rendono difficili anche le privatizzazioni previste che avrebbero potuto
dare sollievo all’indebitamento.
Conseguenze anche più
impalpabili su uno sviluppo anemico ci sono sulla fiducia di cittadini e
imprese. La tendenza a risparmiare risorse piuttosto che a investire ci
dice quanto il Paese rimanga guardingo rispetto al futuro. È per questo
che l’ambizione può aiutare.
Ma ancora di più potranno fare
provvedimenti concreti, pur nelle difficoltà innegabili di una
situazione economica generale non positiva, che saranno orientati non a
dividersi una torta che è sempre meno grande, ma a fare in modo che
questa cresca.