Corriere 5.10.16
Ghannouchi: no ai divieti in nome della laicità
«Tunisia pluralista, ecco la nostra ricetta. I Fratelli musulmani come la vostra Dc»
intervista di Francesco Battistini
TUNISI
Ma che succede ai Fratelli musulmani, Monsieur Ghannouchi? Dopo le
Primavere arabe, eravate pronti a costruire il grande Islam politico. E a
velare le donne, mettere la sharia. Invece eccovi qui: governate la
Tunisia alleati alle sinistre, alle femministe, ai nostalgici del
post-colonialismo. Con gl’islamisti della Giordania che accettano
d’entrare in Parlamento, la Fratellanza egiziana che cerca nuove strade
politiche… «Non abbiamo cambiato pelle – sorride Ghannouchi -. Noi siamo
sempre noi. E’ il contesto che è cambiato…».
Fra qualche
settimana, il leader di Ennahda partirà per un tour de charme nelle
capitali europee. Il grande partito islamista verrà a spiegarci il suo
esperimento tunisino: ha rotto con gli imam che predicano nelle moschee,
imposto la separazione fra politica e religione. Il suo messaggio è che
non c’è nulla da temere, se da questa parte del Mediterraneo governa
(anche) la Fratellanza: «Noi nel 2012 abbiamo già provato a governare.
Ma avevamo il 42%, non il 51. La stabilità in Tunisia è una cosa
relativa, qui abbiamo avuto sette governi in cinque anni, di volta in
volta con tre-quattro-sei partiti alleati. Il messaggio è sempre stato
chiaro: i tunisini non vogliono un solo partito al comando. La paura del
ritorno alla dittatura è forte, 70 mesi di libertà sono niente. Abbiamo
capito che la maggioranza si può fare solo in coalizione, come accadde
in Italia dopo il fascismo. Perché il 51% se lo possono permettere solo
le vecchie democrazie: in tutti i Paesi usciti dalle Primavere arabe,
servono governi d’unità nazionale almeno col 70-80%».
Molti sospettano che il vostro sia solo maquillage…
«E’
stata un’evoluzione lunga. Ricordo ancora la prima conferenza stampa,
era il 1981, quando annunciai l’adesione al pluralismo politico. Un
giornalista mi chiese: “Voi siete d’ispirazione islamica, che fareste se
vincesse le elezioni un partito comunista?”. Io risposi: rispetteremmo
il voto. Il nostro volto è questo. La partecipazione ci è stata negata
per 30 anni e abbiamo imparato a collaborare con forze molto diverse.
Anche la vostra Dc, per governare l’Italia, si mise con Psi e Pci. Ecco,
noi somigliamo un po’ ai democristiani: popolari, confessionali,
flessibili. La Dc è finita male, a noi spero vada meglio: per
scaramanzia, diciamo che c’ispiriamo alla Cdu tedesca...».
Questo esperimento d’Islam laicizzato si può esportare in Medio Oriente?
«I
valori dell’Islam sono la base di tutte le scelte politiche nella
regione. L’applicazione poi varia da un popolo all’altro, perché l’Islam
non è un modello sociale indiscutibile: in Egitto come in Giordania, i
Fratelli Musulmani l’adattano al loro contesto sociale. Noi di Ennahda
possiamo essere un esempio».
Avete deciso che gli imam non possono fare comizi: dunque fanno bene gli europei a controllare le moschee?
«La
relazione tra religione e politica ha vari modelli: i musulmani
francesi o inglesi sono molto diversi fra loro. Ma il livello minimo dei
loro diritti è che lo Stato non s’intrometta nella loro libertà
religiosa: anzi, la protegga. E il livello minimo dei loro doveri è che i
musulmani separino istituzioni religiose e politiche. Certo, se lo
Stato vieta l’uso del velo o del burkini in nome della laicità, è una
grave violazione delle libertà individuali. Noi siamo contro qualunque
imposizione: una donna non può essere obbligata né a mettere un velo, né
a toglierlo».
Quindici anni fa Oriana Fallaci pensava che con
l’Islam fosse impossibile dialogare. Oggi lo ripete Trump: che succede,
se vince lui?
«Quando penso alla Fallaci, mi viene in mente
Darwin: c’è chi evolve e chi resta indietro… Trump spinge a un
estremismo uguale e contrario a quello che vuole combattere. Ma noi
sappiamo che le forze moderate, in Occidente e nell’Islam, non
lasceranno la vittoria né ai fanatici alla Trump, né ai jihadisti.
Questa gente è una minaccia, vuole isolare i popoli, però la forza
dell’America è la sua grande pluralità politica, sociale e religiosa».
Lo dica più chiaramente: i jihadisti sono vostri nemici o solo compagni che sbagliano?
«Anche
loro mi fan pensare a Darwin. Ci sono estremismi nel nome dell’Islam
come dell’Occidente, e sono tutti pericolosi per l’umanità. I foreign
fighters tunisini, che ora vogliono rientrare dalla Libia, vanno
incarcerati e processati. Poi magari si può pensare a una loro
riabilitazione. Ma prima devono rinunciare alla lotta armata».
In Tunisia e in Europa c’è chi s’è pentito della vostra Rivoluzione…
«E’
chi ha perso i privilegi del vecchio regime. O forse qualche università
italiana che dava i dottorati in diritti umani a Ben Ali. O gli amici
di Chirac, che ne magnificavano i “miracoli economici”…».
Ma lei
come fa ad andare d’accordo col suo presidente, Essebsi, che vuole
rimettere nelle strade le statue equestri di Bourghiba?
«Io
distinguo la mia storia e la realtà politica. Bourghiba fu il nostro
Ataturk: sono stato perseguitato, però non dimentico che ha fondato
questo Stato. Allo stesso modo non dimentico che non era un democratico.
E che la Costituzione di Bourghiba è stata cambiata. E che Essebsi è lì
perché c’è stata la Rivoluzione».
Lei s’è candidato alla presidenza della Tunisia…
«Per ora, faccio il presidente di Ennahda».