mercoledì 5 ottobre 2016

Corriere 5.10.16
Un incrocio pericoloso tra l’economia e il 4 dicembre
di Massimo Franco

I bersagli dello scontro sul referendum istituzionale cambiano quasi quotidianamente. Da qualche giorno, tuttavia, la sensazione è che l’offensiva del No sia destinata a spostarsi sulla politica economica. Ieri è toccato al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, essere attaccato: come se fosse diventato il parafulmine delle critiche a Matteo Renzi; è un bersaglio facile in quanto sostenitore del Sì e titolare di un dicastero strategico. A colpire non sono stati soltanto i rilievi di Bankitalia, Corte dei conti e Ufficio parlamentare di bilancio sull’eccessivo ottimismo in tema di ripresa.
Sono stati anche i toni. In modo casuale ma corale, istituto di emissione, magistratura contabile e Camera sono arrivati alle stesse conclusioni sul Def del governo, bocciando le previsioni dell’1 per cento di crescita per il 2017. Nelle stesse ore, Padoan ha additato un’eventuale vittoria dei No come foriera di un clima generale di sfiducia. Ma questo ha accentuato la polemica. Le opposizioni parlano di conflitto istituzionale, sebbene Renzi si dica sicuro delle previsioni. «Tra un anno si vedrà chi ha ragione», afferma. Il problema, però, non sono i decimali in eccesso o in difetto.
A preoccupare è l’intreccio tra campagna referendaria e andamento dell’economia. I dati scoraggianti sulla ripresa indeboliscono una campagna già difficile. E l’insistenza di Palazzo Chigi sulle incognite che si aprirebbero in caso di bocciatura delle riforme, dirotta sul governo l’accusa di creare un allarme esagerato. Padoan ieri si è difeso spiegando che «se c’è un timore che lega l’esito del referendum alla stabilità dei mercati, non è qualcosa che ho messo in giro io: è qualcosa che gli investitori fanno regolarmente da settimane».
Il ministro assicura che si sta cercando di convincerli del contrario, «ma è molto difficile». L’argomento è delicato e insieme cruciale. Da una parte, Renzi e i suoi ministri non possono equiparare Sì e No: ne va della loro credibilità e della loro strategia. Dall’altra, rischiano di apparire messaggeri di sventure in caso di sconfitta. Si tratta di un equilibrio difficile da trovare, che fa dire agli avversari: il governo asseconda il pessimismo dei mercati per paura di perdere. E il M5S ne approfitta per sostenere che Renzi «trucca le carte per non ammettere che il Paese è fermo»: tesi scontata.
Il premier martella: il referendum è contro la burocrazia, non contro la democrazia. Ma deve registrare la freddezza che comincia ad affiorare oltre confine sul merito delle riforme. Il Financial Times, di solito ben disposto verso di lui, ora scrive che «le riforme di Renzi sono un ponte costituzionale che non porta da nessuna parte». Per fortuna, il capo del governo non si scoraggia. «Io continuo a divertirmi a fare questo mestiere», assicura. «Vedo che si divertono anche altri ad attaccarmi, quindi ci divertiamo in tanti». Ed è disponibile a sfidarli tutti in tv, ma «tenendosi il tempo per governare».