martedì 4 ottobre 2016

Corriere 4.10.16
Colombia
Lo scrittore Juan G. Vásquez «Ha vinto la superstizione. La giustizia non è vendetta»
intervista di S. Gan.

«Hanno vinto la superstizione e la menzogna». Juan Gabriel Vásquez, lo scrittore colombiano contemporaneo che meglio ha saputo descrivere la violenza e le assurdità della sua terra, commenta amaro il risultato del plebiscito.
Perché il fronte del Sì non ha convinto?
«Si può leggere la vittoria del No come un rifiuto travolgente alle Farc, al dolore e alla sofferenza che hanno causato in tanti anni di guerra. Però sarebbe una semplificazione. Hanno vinto anche la superstizione e la menzogna, perché la campagna del No ha toccato punte inverosimili di disinformazione e di calunnia. Ha sostenuto che il Paese sarebbe diventato come il Venezuela, che gli accordi avrebbero posto fine alla famiglia cattolica. Ovviamente, non era vero. Molti elettori erano convinti che si votava per la fine della proprietà privata (come diceva l’ex presidente Uribe) e che gli accordi concedevano troppi benefici alla guerriglia, anche se erano meno di ciò che Uribe diede alla guerriglia quando ne ebbe l’opportunità. E infine, ha vinto l’arroganza della guerriglia, che fino all’ultimo ha difeso crimini indifendibili come il sequestro e ha rifiutato di riconoscere le sue colpe. Lo ha fatto settimana scorsa, troppo tardi».
Esistono due Colombie che non si incontreranno mai?
«È molto facile farsi prendere dallo sconforto totale, perché i leader del No hanno giocato a dividere i colombiani, a intimidire e mentire. Credo che sì, ci sia una Colombia dell’intolleranza, del fanatismo e dell’odio. Però ora dobbiamo lavorare per la riconciliazione, perché la democrazia è una trattativa quotidiana: nulla è stato perso in via definitiva».
Cosa manca per una vera riconciliazione?
«Impossibile saperlo. Lo scenario attuale è di totale incertezza».
Come si insegna la cultura della pace a un popolo che ha vissuto 52 anni di guerra?
«Rompendo l’inerzia della guerra, che si auto-alimenta. La guerra non sono solo le Farc: la guerra ha prodotto anche i fenomeni orribili del paramilitarismo di estrema destra e i crimini dello Stato. Questo accordo ci offriva l’opportunità di tagliare questi rami usciti dall’albero della violenza e iniziare di nuovo. La gente non ha voluto. La cosa più triste è che i territori più colpiti dalla violenza hanno votato per il Sì».
Ma può esserci pace senza giustizia?
«Le vittime hanno votato per il Sì a grande maggioranza. E giustizia non significa vendetta. Né carcere. In tutti i processi di questo tipo, nel mondo intero, si è accettata una giustizia ad hoc, una giustizia transitoria».
Ha vinto dunque Uribe?
«Certo: le sue menzogne, le sue calunnie, la sua retorica della paura, l’intolleranza e l’odio»
Che succede ora?
«Difficile saperlo. Il presidente Santos, per ora, ha risposto alla sconfitta come un vero statista: assicurando che manterrà il cessate il fuoco e aprendo le porte a tutti i colombiani invece di chiuderle. E speriamo che le Farc dimostrino con i fatti la loro volontà di pace».