Corriere 3.10.16
Ragazzo nero ucciso Incubo «flashback» per Los Angeles
di Matteo Persivale
Proteste della comunità afro, tam-tam sui social
Un’auto
che non si ferma a un controllo della polizia, l’inseguimento, il
passeggero che a un certo punto scende, scappa a piedi e finisce ucciso
dalla polizia in un vicolo. La polizia che dice di aver trovato una
pistola sul luogo della sparatoria proprio accanto al cadavere, le
smentite di molti (presunti) testimoni che dicono che il ragazzo era
disarmato ed è stato colpito alle spalle, le autorità che non replicano
perché l’inchiesta è in corso (o perché, come pensano i più cinici, sta
cercando di mettere a punto una versione dei fatti che non metta la
polizia ancora una volta sotto accusa, magari aspettando di vedere se
qualche testimone ha girato un video che potrebbe sbugiardarli). E poi
Twitter che esplode di commenti, la rabbia degli afroamericani — la
vittima ancora una volta è un nero, il diciottenne CJ Snell — che
scendono in strada. E, soprattutto, la paura di nuovi disordini.
L’ennesima
versione di una storia già vista tante volte in America, con
l’aggravante che questa volta tutto succede a Los Angeles, la città che
nel 1992 bruciò per sei giorni, 55 morti, più di duemila feriti,
miliardi di dollari di danni. Il flashback che ha attraversato la mente
dell’America, ieri, è quello dell’aprile-maggio ’92, gli incendi, i
negozi distrutti, i bianchi aggrediti. E pensare che, almeno quella
volta, la scintilla non era neppure stata un omicidio, ma un verdetto:
l’assoluzione dei poliziotti bianchi che avevano pestato a sangue un
automobilista nero, Rodney King, nel marzo 1991.
Era una Los
Angeles molto diversa, più vicina agli incubi dello scrittore di noir
James Ellroy che alla città di oggi che faticosamente cerca una
convivenza più serena. Allora c’era un capo della polizia bianco in
odore di razzismo che mandava i tank a radere al suolo le case dei
presunti spacciatori (spesso senza trovare droga) e diceva seriamente
che erano solo gli afroamericani a finire strangolati in gran numero dai
manganelli dei suoi agenti perché avevano la trachea più fragile
rispetto ai bianchi; oggi c’è un capo che cerca il dialogo e organizza
riunioni con i rapper per dimostrare la sua buona fede alla gente dei
quartieri più difficili.
Però la morte di CJ Snell, quest’ultima
vittima, con il tam-tam incessante di Twitter — «Say His Name», dite il
suo nome, la scritta comparsa sull’asfalto in tante vie di Los Angeles
diventata subito un hashtag — evoca ricordi ancora più brutti, un corteo
previsto davanti alla casa del sindaco Garcetti, già presa di mira da
un lancio di uova nei mesi scorsi. La tensione in aumento in quartieri
già normalmente a malapena governabili a causa della presenza delle
gang.
Los Angeles che non riesce a liberarsi dei fantasmi del
passato nelle strade come in libreria: il giovane scrittore Ryan Gattis
che quest’anno con il romanzo Giorni di Fuoco (Guanda) ha ricostruito
con realismo e bravura il clima terribile di quella primavera di
ventiquattro anni fa; un maestro come Michael Connelly che tra qualche
mese (tra un anno la traduzione in Italia) pubblicherà una nuova puntata
dei suoi romanzi dedicati al detective di Los Angeles, Harry Bosch.