lunedì 31 ottobre 2016

Corriere 31.10.16
I 500 anni della Gioconda
Così è diventata l’ossessione dell’arte contemporanea
di Alberto Angela

Dopo le fantasiose e talvolta un po’ deliranti descrizioni della Gioconda da parte degli scrittori dell’Ottocento, nel secolo successivo iniziò una tendenza per certi versi opposta. Le avanguardie, per esempio, la vedevano come il simbolo di un passato polveroso che doveva essere superato se non addirittura messo in ridicolo. I futuristi, che inneggiavano alla nuova era delle macchine e della velocità, nel 1911 giunsero a rallegrarsi per il furto del dipinto.
Nella stessa occasione, anche il grande critico d’arte Bernard Berenson affermò ironicamente di sentirsi sollevato dalla scomparsa della Gioconda perché era «diventata un incubo». Dirà poi, con il suo solito snobismo, di non sopportare più la devozione di massa di cui Monna Lisa era oggetto: «Entrano nel museo docili al comando delle guide, corrono davanti al capolavoro, si inchinano dinanzi a esso ed escono felici senza aver capito nulla». Pochi anni dopo, nel 1919, l’artista dadaista Marcel Duchamp disegnò un paio di baffi e un pizzetto sul volto di Monna Lisa (...). Duchamp non disprezzava l’opera in sé, ma, con il suo celebre ritocco disegnato su una cartolina, voleva dissacrare il mito che era cresciuto attorno alla Gioconda. In seguito, anche Salvador Dalí disegnò i baffi a Monna Lisa, con la differenza che lui, in modo narcisistico e insieme autoironico, la trasformò in una specie di autoritratto: con i propri baffi lunghi, ricurvi e impomatati, con i propri occhi spiritati e con le proprie mani che impugnano monete d’oro.
Nel secondo dopoguerra altri artisti ripresero l’«icona Gioconda» per le loro sperimentazioni; fra questi, gli americani Robert Rauschenberg e Andy Warhol. Il primo, esponente della corrente New Dada, la inserì nei suoi collage di materiali di riciclo, di immagini e oggetti «vecchi e vissuti», mentre Warhol ne fece un uso che rientra nella sua poetica di manipolazione e riproduzione seriale delle icone di massa (come nella serigrafia del 1963 Trenta sono meglio di una ), senza fare alcuna distinzione di valore fra lei e altre celebrità come Marilyn Monroe, Jacqueline Kennedy, Elvis Presley, Mao Zedong e persino la Coca-Cola e la zuppa in scatola Campbell.
In seguito, innumerevoli sono stati gli artisti che hanno «citato» Monna Lisa: da Kazimir Malevic a René Magritte, a Fernand Léger, da Terry Pastor a Graham Dean, a Jean-Michel Basquiat. Nella seconda metà del Novecento, le tecniche di riproduzione a colori delle opere d’arte non hanno fatto che accrescere la fama di Monna Lisa in tutto il mondo e a tutti i livelli della società. Nel 1950 il celebre cantante americano Nat King Cole ottenne grande successo con una canzone che dice: «Sorridi per sedurre un amante, Monna Lisa? / O è il tuo modo di nascondere un cuore spezzato?». Dagli anni Cinquanta in poi la vera o presunta moglie di Francesco del Giocondo è stata stampata su innumerevoli confezioni o pubblicità di prodotti: arance, calze, preservativi, fiammiferi, parrucche, rum, sigari, compagnie aeree e così via.