venerdì 28 ottobre 2016

Corriere 28.10.16
Sarebbe meglio chiarirsi le idee prima di cambiare la Maturità
di Gianna Fregonara

Come previsto dalla cosiddetta Buona scuola la Maturità cambierà. Dal 2018. Almeno così prevede la delega che il Parlamento sta per licenziare: novità erano state annunciate addirittura nella legge di Stabilità del 2015, poi ritirate, e inserite tra i provvedimenti attuativi della riforma. Erano previsti entro l’estate ma arriveranno a dicembre. Intanto da ormai tre anni si discute se sia meglio la commissione con professori esterni, se ci vuole il quizzone o è meglio una prova Invalsi, ci si sottopone al rito del toto-tema, allo scientifico fanno gli scongiuri contro la prova di fisica e al momento dei risultati il copione si ripete uguale: boom di promossi, in pratica tutti, e boom di ottimi voti e lodi nelle regioni del Sud, in particolare in quelle in cui i risultati dell’Invalsi e del Pisa fotografano la preparazione peggiore dei quindicenni.
Prima di discutere se la Maturità vada alleggerita (proposta dominante) o cambiata, se sia meglio un esame o la valutazione del percorso dello studente, se vada giudicata la personalità o la competenza, sarebbe bene porsi la domanda fondamentale: a che cosa serve oggi la Maturità? E a che cosa dovrebbe servire? È un esame di Stato, cioè fa fede della preparazione di chi chiude il ciclo di studi dopo tredici anni di fatica. Ma rischia di diventare un titolo spazzatura. Molti Atenei oggi preferiscono valutare la preparazione dei candidati con un esame di ingresso proprio negli stessi mesi della Maturità. In molti Paesi europei l’esame di fine ciclo scolastico è una prova nazionale, anonima, corretta da organismi indipendenti, che ormai sono in grado di analizzare compiti con risposte lunghe e articolate e non solo le tanto contestate prove a crocette.
Non varrebbe la pena una volta tanto di fermarsi, a costo di dover prorogare i tempi delle scelte, e di chiarirsi le idee?