venerdì 28 ottobre 2016

Corriere 28.10.16
Donatori, carità e guadagni privati. Gli intrecci d’affari di Bill e Hillary
Denaro inviato da sette Paesi alla loro Fondazione e sui conti personali: in cambio di cosa?
di Giuseppe Sarcina

NEW YORK «Prendi i soldi!». L’invito, perentorio, compare in una mail di Jennifer Palmieri, la responsabile per la comunicazione dello staff di Hillary Clinton. Il destinatario, in questo caso, è Robby Mook, il manager della campagna. Ma, stando a quello che si legge nelle mail rivelate da Wikileaks, potrebbe essere lo slogan ombra del clan Clinton.
Soldi donati da sette Paesi alla Fondazione Clinton mentre Hillary era Segretario di Stato. Soldi sui conti personali di Bill. Soldi, soprattutto, per la competizione elettorale dell’ex First Lady. In cambio di che cosa?
Hillary Clinton ha raccolto 1,14 miliardi di dollari per pagare la corsa alla Casa Bianca: un quinto proviene da 100 ricchissimi donatori e lobbisti. Nella lista compaiono, tra gli altri, Donald Sussman che appartiene alla nuova élite della finanza americana formata dai gestori di hedge fund: 20,7 milioni di dollari per Hillary. Poi ecco Jay Robert Pritzker, 51 anni, cofondatore del più grande gruppo di venture capital del Midwest: 16,7 milioni. E ancora: Haim Saban, presidente di Univision, 11,9 milioni; George Soros, forse il più noto finanziere americano: 9,9 milioni di dollari e infine Daniel Abraham, proprietario della società SlimFast: 9,7 milioni.
Alcuni di loro avevano già dichiarato di aver finanziato «l’operazione Clinton». Ma i messaggi rubati dai server del partito democratico e pubblicati da Wikileaks mostrano quanto questi personaggi siano considerati interlocutori privilegiati dall’ex First Lady. George Soros è molto attivo: dispensa consigli persino sulla riforma della polizia. Il presidente di Univision, Haim Saban, invece, cittadino con passaporto israeliano e americano, il creatore dei «Power Rangers», il centoduesimo uomo più ricco del mondo, spinge Hillary, a nome della comunità ebraica americana «a distinguersi da Obama sulla linea nei confronti di Israele». John Podesta, il presidente della campagna, gli risponde sempre con gratitudine.
Hillary Clinton ha adottato questo schema ancora prima di annunciare la sua candidatura il 12 aprile 2015. Nelle settimane precedenti, come ha ricostruito il Washington Post il suo staff è già in agitazione. Huma Abedin, la sua più stretta collaboratrice, lancia l’allarme: «Jeb Bush». L’ex governatore della Florida, allora considerato la carta migliore dei repubblicani, sta ammassando milioni con i cosiddetti super Pac, i «political action committee», comitati formati da affaristi con molte risorse e con interessi precisi da tutelare. In una mail Dan Schverin, responsabile per la stesura dei discorsi ufficiali, scrive di essere preoccupato perché Hillary «potrebbe essere accusata di ipocrisia».
In realtà accadrà di peggio. Bernie Sanders per diversi mesi rinfaccerà alla rivale di essere troppo legata ai «millionaires» e ai «billionaires». Pazienza. La linea è: «Prendi i soldi».
Ma c’è un’altra fonte di inquietanti contraddizioni: la Clinton Foundation. Dal 1997 ha raccolto circa 2 miliardi di dollari, soccorrendo, tra l’altro, la popolazione di Haiti, dopo il terremoto del 2010. Per mesi si è polemizzato sui fondi in arrivo da Stati come Qatar e Arabia Saudita. Quindi da una parte Hillary accetta con entusiasmo i contributi di Saban e della comunità ebraica. Dall’altra si tiene stretti i denari del Qatar, un Paese considerato come minimo ambiguo da Israele. «Ha creato questo casino e lo sa», riassume in una mail Huma Abedin nel gennaio del 2015.
Viene fuori anche uno spaccato di contrasti, ripicche e guadagni personali. Bill Clinton si è servito del finanziere Declan Kelly, già collaboratore di Hillary quando era Segretario di Stato, per agganciare banche come Ubs o società come Coca Cola e Dow Chemical.
L’ex presidente chiedeva e otteneva contributi per la Fondazione, ma anche inviti per tenere discorsi. In totale Bill ha guadagnato almeno 4,5 milioni di dollari in questo modo. Solo l’Ubs gliene ha versati 1,5. Nella rete con le aziende passavano anche incarichi ben retribuiti per i fedelissimi e l’impegno a sostenere il nome per la Casa Bianca scelto da Bill Clinton. Hillary, naturalmente.