venerdì 28 ottobre 2016

Corriere 28.10.16
Il governo e le misure in conflitto
di Sabino Cassese

L’ acceso dibattito in corso nel Paese sul referendum costituzionalesta oscurando l’ambizioso programma legislativo del governo. Questo si muove lungo tre linee, che vorrei provare a discutere: quella del localismo, quella dell’accentramento delle decisioni e quella dell’europeismo aggressivo.
Due provvedimenti importanti, sui servizi pubblici locali e sulla dirigenza, che stanno concludendo il loro percorso, sono ispirati al localismo. Il primo prevede che ciascun comune possa individuare servizi e assumerli, per poi gestirli direttamente o affidarli in concessione. Non c’è alcun limite legislativo; basta che il comune si assicuri che un servizio non è svolto dai privati in modo soddisfacente, o ha prezzi troppo alti, o non dà garanzie di sicurezza. Insomma, il governo apre la porta a un nuovo socialismo municipale. Il testo sulla dirigenza, a sua volta, premia innanzitutto quella locale, aprendo ad essa la strada anche per i posti più alti dell’amministrazione statale. Ci si può chiedere: non sarebbe meglio far sperimentare agli enti locali servizi pubblici, ma definendone i confini, come la riforma costituzionale fa con le regioni? Non sarebbe meglio aprire le porte dello Stato ai più sperimentati amministratori locali, ma stabilendo percorsi e dettando limiti?
Il provvedimento sulle cattedre universitarie Natta simboleggia il secondo filo rosso della politica governativa, quello dell’accentramento di decisioni a palazzo Chigi.
I t itolari delle 500 cattedre saranno scelti da commissioni i cui presidenti saranno nominati dal presidente del Consiglio dei ministri. I componenti delle commissioni saranno nominati a loro volta dai presidenti così scelti, nell’ambito di liste fatte dall’Agenzia governativa della valutazione. Non s’erano mai viste tanta sfiducia nell’Università e tanta invadenza governativa, in violazione del principio di autonomia fissato dalla Costituzione. Non sono tra quelli che temono «un uomo solo al comando», anche se Renzi, occupando tutto il palcoscenico, dà questa impressione, ma temo che la mancata organizzazione di una amministrazione di «stato maggiore» — come dicono i francesi —, dopo tre anni di governo, non consenta di esercitare il «premierato», perché molta carne è messa al fuoco, ma nessuno ne prepara e ne controlla la cottura. Questo è un vero peccato, perché Renzi ha scelto bene fuori di palazzo Chigi, ponendo «agenti di cambiamento» al vertice di Enel, Finmeccanica, delle Poste, dell’Agenda digitale, mentre palazzo Chigi è troppo pieno di funzioni che non servono, manca invece di quelle che sarebbero necessarie.
Infine, l’europeismo aggressivo. Dopo aver costruito a Ventotene una «troika», Renzi ora alza la voce e si presenta come alternativo al merkelismo, ricorrendo anche a minacce e ritorsioni. Giusto un europeismo più attivo. Ma se si fa parte di un condominio fino a che punto si può tirare la corda? In quale misura Renzi, giunto quasi alla fine di un triennio di governo, può utilizzare argomenti populistici? Non rischia di fare come Berlusconi, che metteva alla berlina il «teatrino della politica» dopo venti anni che ne faceva parte? Infine, come insegna Bagehot, uno dei compiti di una classe politica è di educare la nazione: quale insegnamento possono trarre i giovani, sul lungo periodo, da un europeismo che rischia di attizzare l’antieuropeismo?
Il presidente del Consiglio dei ministri deve tra breve superare una prova difficile. Sa di esser partito con un «handicap», quello che gli inglesi imputano a Theresa May, the lack of a mandate , la mancanza di un mandato elettorale. Sa che ha un punto a suo vantaggio: che non vi sono alternative a lui, né a destra, né nel suo partito. Ma dovrebbe anche sapere che alla forza e all’energia poste nello svecchiare, accelerare, avviare nuove politiche non ha corrisposto altrettanta forza ed energia nell’attuarle. Dovrebbe anche sapere che troppi nodi ancora avvincono tutte le decisioni pubbliche. Dovrebbe anche sapere che localismo, accentramento ed europeismo aggressivo presto o tardi finiranno per confliggere tra di loro.