Corriere 27.10.16
Un premier che sconta le divisioni del Paese
di Massimo Franco
Contrapporre
 un Sergio Mattarella europeista a un Matteo Renzi nazionalista sarebbe 
una forzatura. Le parole nette dette ieri dal capo dello Stato a favore 
dell’Europa riflettono piuttosto il ruolo diverso del Quirinale e di 
Palazzo Chigi; e l’esigenza di trasmettere un’immagine dell’Italia che 
fughi i dubbi di un euroscetticismo diffuso. Con parole misurate ma 
trasparenti, il capo dello Stato ieri ha sottolineato le «troppe volte» 
in cui l’Ue viene criticata «nella dialettica interna e internazionale»:
 un riferimento ad alcune nazioni dell’Est europeo, soprattutto; e in 
parallelo a quanti in Italia, all’opposizione e a tratti nelle file 
della maggioranza, criticano la Ue per l’atteggiamento verso il nostro 
Paese.
Il suo tono è di chi cerca di ricondurre nell’alveo del 
confronto una tensione tra Roma e Bruxelles che a tratti, nei giorni 
scorsi, ha assunto i toni dello scontro. Il fatto che il discorso sia 
stato pronunciato dopo la lettera di richiamo della Commissione Ue alla 
legge di Bilancio, ha fatto fiorire le ipotesi più diverse: soprattutto 
per l’atteggiamento preoccupato di Renzi sulle incognite del referendum 
del 4 dicembre. Difendere le regole europee e le «straordinarie 
conquiste di un modello di convivenza e di crescita unico al mondo», 
nelle parole di Mattarella, serve a incanalare la discussione su un 
piano generale; e a indicare i pericoli di una lacerazione dell’Europa 
in chiave antieuropea. Renzi mostra di volere tenere il punto, ma non ci
 sono rotture con Bruxelles. Quanto al referendum, rivendica: «Mi 
chiedete se ho paura di un Paese diviso dal referendum? Io non ho paura 
della democrazia».
Su questo sfondo, bisognerà vedere se e quanto 
il governo sarà disposto a moderare la sua offensiva nei confronti 
dell’Europa, attribuita a un calcolo referendario: attirare le sacche 
dell’elettorato euroscettico verso il Sì. Per ora, Renzi si limita a 
ripetere che nella manovra «punti dolenti non ce ne sono». Dunque, 
nessuna violazione dei vincoli. Nega di avere minacciato veti sul 
bilancio europeo se non avrà fondi per l’immigrazione: anche se 
ribadisce che potrebbe chiedere al Parlamento l’autorizzazione a farlo. 
Ma su una cosa è difficile dargli torto: il referendum «si deciderà 
all’ultimo». E la sua campagna mira a mobilitare un’area grigia e 
disillusa.
Deve avere il sentore che l’esito rimane incerto, come 
lo hanno i suoi avversari. «Un leader i sondaggi non li commenta, li 
cambia», dice Renzi in terza persona, confermando la sensazione che le 
percentuali del Sì e del No sono altalenanti. Il tentativo di conferire 
alla campagna referendaria un andamento più pacato finora è caduto nel 
vuoto. C’è solo da sperare che le nuove scosse di terremoto avvertite 
ieri in Centro Italia non vengano usate come ulteriore arma nella 
campagna referendaria. Quanto è successo finora, di certo, acuisce il 
timore di strumentalizzazioni .
 
