Corriere 27.10.16
Varoufakis: «Renzi fa bene a protestare Ma deve ottenere il cambio delle regole»
intervista di Maria Serena Natale
«Contatti
 con Tsipras? Nessuno. Se ci incontrassimo ora dubito che avrebbe 
qualcosa da dire o il coraggio di guardarmi negli occhi. Eravamo stati 
eletti per liberare la Grecia dal carcere. La Grecia è ancora 
prigioniera». Così parlò Varoufakis. L’ex ministro delle Finanze torna 
con una missione (non) impossibile, riformare l’Europa. E un messaggio 
per Matteo Renzi: «Ha il dovere morale di cambiare le regole a 
Bruxelles». Nel 2015 a Varoufakis erano bastati cinque mesi per 
diventare il volto della resistenza al verbo dell’austerity. Poi venne 
l’estate del referendum («che non volevo») sul salvataggio 
internazionale respinto dal 61% dei greci, e il cambio di marcia del 
premier Alexis Tsipras che sacrificò alla stabilità il suo «economista 
per sbaglio e marxista erratico», come si definì lui stesso. La Grecia 
oggi è al terzo programma di aiuti finanziari dal 2010. Lo scorso 
febbraio Varoufakis ha presentato DiEM25, “Movimento per la democrazia 
in Europa” che punta a una nuova Costituzione entro il 2025 e alla 
rifondazione della Ue. Lo ha fatto nello storico teatro dell’avanguardia
 tedesca, la Volksbühne di Berlino, ricollegandosi idealmente alla lotta
 per l’emancipazione del proletariato dal cuore della Germania tutrice 
del rigore. Questo pomeriggio alle 18.30 Varoufakis riapre al Teatro 
Franco Parenti di Milano il festival La Milanesiana ideato e diretto da 
Elisabetta Sgarbi, con un dibattito sul suo nuovo libro, I deboli sono 
destinati a soffrire? (La nave di Teseo). Ne parla in anteprima con il 
Corriere .
Yanis Varoufakis, abbiamo costruito un mondo che nega agli ultimi la possibilità di riscatto?
«Le
 élite mondiali non hanno ormai altro obiettivo che preservare i propri 
poteri e privilegi attraverso un sistema di distribuzione della 
ricchezza che avvantaggia non più del dieci per cento della popolazione,
 condannando il resto a un costante peggioramento».
Un sistema che però crea anche le condizioni per lo sviluppo di forze destabilizzanti interne…
«Infatti
 la base comincia a ribellarsi. La politica si confronta con un 
malcontento trasversale, dal Regno Unito che ha premiato il linguaggio 
tossico degli euroscettici alla Germania dove cresce l’ultradestra di 
Alternative für Deutschland , fino agli Usa di Donald Trump».
Da 
ministro denunciò il rischio che l’Europa implodesse, suggerendo che non
 dovesse per forza essere Atene a innescare il domino. Dopo la Grecia 
abbiamo avuto l’emergenza migratoria, la vittoria della Brexit, la 
spaccatura tra Nord e Sud, Est e Ovest d’Europa in un generale 
avanzamento delle forze centrifughe. È l’inizio della disgregazione?
«A
 meno che quelle forze non siano incanalate in un autentico percorso 
democratico. Il titolo del mio libro si rifà a un episodio della guerra 
del Peloponneso riportato da Tucidide, nel quale i generali ateniesi 
riassunsero un’idea di potere nella frase “i più forti fanno quanto 
possono, i più deboli soffrono quanto devono”. Ho aggiunto il punto 
interrogativo perché credo che quell’idea vada contestata. Non è vero 
che non esiste alternativa».
Quali alternative a un progetto comunitario esangue?
«L’Europa
 continua a trattare le singole crisi come se non fossero sintomi di un 
pericolo comune. La crisi però è europea. Non italiana, né greca, né 
spagnola. Occorre un approccio sistemico e onnicomprensivo che impedisca
 situazioni paradossali come quella che viviamo oggi, con la Germania 
che invoca soluzioni ma in realtà fa di tutto per allontanarle. Se la Ue
 si rafforzasse, la prima a vedere ridimensionato il proprio peso 
sarebbe proprio la Germania».
L’Italia a suo modo mette in discussione il metodo europeo...
«L’Italia
 è l’esempio lampante di quanto disfunzionale sia questa Ue. 
Considerando la solidità dell’economia, oggi il vostro Paese dovrebbe 
volare. Invece resta bloccato da vincoli impossibili da rispettare. Il 
primo ministro Matteo Renzi protesta, e fa bene. Ma in modo inefficace. 
Non è responsabile aprire dispute con Bruxelles per qualche punto 
decimale di deficit. Renzi ha il dovere morale, verso l’Italia e verso 
l’Europa, di superare il suo approccio infantile. Chieda un Consiglio 
dei capi di Stato e di governo per ridiscutere le regole europee a tutto
 campo, il ruolo della Banca centrale, il rilancio degli investimenti. 
Solo così potrà aprire un dibattito accettabile per le opinioni 
pubbliche, in primis quella tedesca».
Il referendum sulla riforma costituzionale italiana avrà un inevitabile peso politico.
«Un
 errore porlo come un ultimatum che chiede di fatto agli elettori di 
legittimare la leadership di Renzi. Anziché ricattare gli italiani, il 
premier farebbe bene a concentrarsi su problemi seri come il sistema 
bancario al collasso».
Come sta la sua Grecia?
«Ogni giorno 
peggio. La Grecia è stata il canarino mandato in miniera in cerca di gas
 letali. L’Europa è quella miniera. Per salvarsi ha bisogno di 
un’utopia».
 
