il manifesto 27.10.16
Chiusura amara per la sede storica del Pd
Ultima
 assemblea nel circolo di via de' Giubbonari, che non ha titolo per 
affittare un'immobile del Comune e ha un forte arretrato
di Irene Mossa
ROMA
 Le fotografie di Gramsci e Berlinguer, Togliatti e Iotti. Ma anche di 
Pertini e Moro. Sono tanti i volti sulle pareti del circolo Pd di via 
de’ Giubbonari, testimoni di un passato (e un presente) politico lungo e
 complesso. Ieri lo storico circolo di Roma nato nel 1946, che ha avuto 
fra i suoi iscritti Togliatti, Ingrao e Napolitano, ha tenuto l’ultima 
assemblea, dopo aver ricevuto l’ordine di sfratto dal Campidoglio in 
base a una sentenza del 22 settembre del Consiglio di Stato. Motivo: la 
mancanza di un regolare titolo di concessione da parte del partito per 
occupare i locali di proprietà del Comune. Una decisione presa in 
attuazione di una delibera della giunta Marino, ratificata poi dal 
commissario Tronca e dalla sindaca Raggi. Oltre all’assenza della 
concessione, il Pd ha anche una forte morosità con il Comune, un debito 
di circa 170mila euro.
Nella riunione di ieri pomeriggio la 
segretaria del circolo Giulia Urso ha espresso la sua amarezza: «Abbiamo
 fatto una difficile battaglia e cercato un’interlocuzione con il 
Comune, per avere un titolo di concessione per la sede. Non ci siamo 
riusciti, con tre diverse gestioni comunali. C’è stato un dialogo fra 
sordi che ha portato a questa situazione, nata da una delibera del 
sindaco Marino». E ha aggiunto: «Nella nostra condizione ci sono 260 
associazioni a Roma, importanti per il tessuto sociale della città, come
 lo è il nostro circolo. Questo non è giusto, significa un grave 
impoverimento per Roma». Matteo Orfini, presente anche lui 
all’assemblea, ha sottolineato che «non ci hanno sfrattato per il 
debito, ma per il titolo di locazione. Il debito abbiamo iniziato a 
pagarlo, abbiamo già dato 35mila euro, e continueremo a pagarlo. Ma si 
poteva trovare un’altra soluzione». Tuttavia, ha aggiunto il commissario
 del partito romano, «scegliamo la legalità. Andiamo via e cerchiamo 
un’altra sede, sempre in centro, siamo già in trattative. Ma cercheremo 
di tornare qui, concorreremo al bando legale per riavere questa sede. 
Chiederemo alla Raggi quando sarà indetto». Anche se il circolo promette
 di riaprire presto in altra sede, o nella stessa – «Sono fiduciosa», ha
 detto Giulia Urso – l’assemblea di ieri, affollatissima di iscritti, è 
stata inevitabilmente un momento di bilanci, di nostalgie, di paure e 
auspici per il futuro. Sabrina Alfonsi, presidente del I Municipio, si è
 augurata che il circolo «continui ad essere un luogo prezioso per la 
città», e il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda vorrebbe che ad 
animarlo fosse «lo spirito che ha portato all’istituzione del Museo 
Gramsci a Ghilarza».
Negli interventi dei militanti c’è 
soprattutto il desiderio che la politica dei circoli, degli incontri 
reali tra gli iscritti – e non quella «liquida» dei tweet- resti viva. 
Secondo Orfini, è necessaria comunque una riorganizzazione e un 
cambiamento: «Con Fabrizio Barca abbiamo avviato un ragionamenti per 
cambiare lo statuto del Pd prima del prossimo congresso. Serve un 
cambiamento, ma è fondamentale non perdere l’idea di una comunità che 
forse in 20 anni abbiamo perso per le logiche binarie del “Mi piace/Non 
mi piace” che ci hanno diviso”. Il signor Gaspare, 80 anni, si è 
iscritto al Pd da pochissimo: «Mi hanno definito “L’ultimo giapponese”, 
che si iscrive al Partito dopo che è morto. Spero non sia così».
 
