Corriere 26.10.16
L’assenteista che racconta il Parlamento «inutile»
di Gian Antonio Stella
«Non
m’importa avere un Nobel in lista, m’importa sapere se voterà una legge
di cui non sa nulla». La filosofia che ispirò Claudio Scajola nella
scelta dei candidati per le trionfali elezioni berlusconiane del 2001 è
tutta in quella frase confidata a Concita De Gregorio da uno dei
cacciatori di teste chiamati sotto la guida di Marco Pirri della Rank
Xerox a selezionare i soldatini giusti da portare in Parlamento. Gente
che avesse chiaro il punto fondamentale: la fedeltà al leader, cioè a
Berlusconi, veniva prima di tutto. Avevano idee proprie? Le lasciassero a
casa, grazie. È stato divertente, dunque, leggere l’intervista di
Fabrizio Roncone a Niccolò Ghedini dove l’avvocato, a tempo perso
deputato o senatore proprio da quel 2001 in cui selezionarono così i
fedelissimi, difende il proprio assenteismo conclamato liquidando la
famosa «centralità del Parlamento» difesa a spada tratta dai convertiti
al No al referendum: «No, dico: mi sembra sia noto che quando i
parlamentari italiani vanno a votare è già stato tutto deciso. Il
capogruppo fa un gesto con la testa e ordina: votiamo sì, oppure votiamo
no. I parlamentari, che spesso non sanno neppure cosa stanno votando,
si limitano ad alzare il ditino, pigiano diligenti il tasto e poi
tornano a sonnecchiare, oppure a leggere il giornale sull’iPad, a
scrivere sms, a telefonare. Quel voto elettronico, diciamo la verità, è
una fiction politica». A meno che, si capisce, non sia una fiction a
favore del suo Cav. Non meno divertente, però, è l’insistenza con cui
insiste sulla nobiltà della scelta di lasciare alla plebe squattrinata
le sue diarie e perfino l’indennità parlamentare smistata «in
beneficenza». Gli basta il reddito professionale deluxe da avvocato di
grido. Nessuno stupore: sono anni che rivendica il diritto di mischiare
insieme l’attività di parlamentare e l’attività di avvocato: «Scrivo le
leggi, e che male c’è? Non si possono più fare norme penali in Italia
perché dovremmo scrivere “è escluso Berlusconi”?». In America, ha
spiegato mille volte Antonio Merlo della Penn University di
Philadelphia, i parlamentari hanno giustamente un ottimo stipendio ma è
loro vietato tenere i piedi in due scarpe: «Un parlamentare, mentre fa
il parlamentare, può fare solo il parlamentare. Tutt’al più gli è
consentito di fare qualche sporadica conferenza per un ammontare massimo
di 10.000 dollari l’anno. Se sei eletto fai quello e basta. Ci
mancherebbe altro». Il conflitto di interessi, lì, è una cosa seria.