domenica 23 ottobre 2016

Corriere 23.10.16
«Ma la famiglia è un parcheggio, il mondo è il web»
Lo psichiatra Andreoli: mamma e papà sono distratti, la conflittualità andrebbe vissuta
intervista di Elvira Serra

Milano Davvero lo dice sempre ai ragazzi?
«Sì, sempre: ricordatevi che la famiglia è l’unico posto dove c’è l’affetto, magari conflittuale, però c’è. Lì davvero si può sperimentare il volersi bene».
Vittorino Andreoli, psichiatra: dalle risposte ai ricercatori della Sapienza di Roma e Campus Orienta sembrerebbe che gli studenti abbiano accolto la sua lezione. Scelgono i loro modelli nei genitori o nei parenti più stretti.
«Più che altro, nella mia esperienza, è vero che la famiglia viene identificata sempre di più nel luogo di sicurezza per eccellenza. Questa identificazione è persino compatibile con una grande conflittualità».
Cosa intende?
«Che la famiglia è una sorta di parcheggio, in cui la mamma è tollerante, il papà anche, e il figlio ha uno spazio suo per aprirsi ad altri mondi, soprattutto grazie a Internet».
Più che un parcheggio, a giudicare dalle risposte di duemila studenti degli ultimi due anni delle superiori, la famiglia sembra un nido.
«E lo è infatti, è un rifugio. Ma perché la conflittualità è poco vissuta, i genitori lavorano tanto, sono distratti. L’attività più rilevante, per quella seconda adolescenza che è l’età tra i sedici e i diciannove anni, è di stabilire rapporti con i coetanei attraverso il telefono e i social network. A scuola non si può fare, mentre a casa, in camera propria, sì».
Il nonno, dopo la madre e il padre, è il modello di riferimento principale.
«Non mi sorprende, io sono un nonno e lo capisco bene: i ragazzi stanno meglio con i nonni che con i padri, per via del nostro atteggiamento di grande comprensione e tolleranza».
Un’altra ricerca, questa volta Eurostat con giovani adulti sotto i 34 anni, dice che sette su dieci vivono ancora con i genitori. Un po’ come succedeva ai nostri padri, che lasciavano la famiglia soltanto nel momento in cui cominciavano a costruirsene una propria.
«Oggi la convivenza sarebbe positiva se la società non fosse così accelerata: il mondo dei giovani adesso è lontanissimo da quello di una madre. La dinamica sociale ci sta dicendo che la vita in famiglia è più difficile, gli appartamenti sono da cinquanta metri quadrati, i nonni vivono da un’altra parte. È molto difficile che si creino condizioni di comprensione reciproca».
Che cosa potrebbe rendere accettabile questa situazione?
«La comunicazione interpersonale: tolleranza e comprensione reciproca creano unità. A un certo punto, però, bisogna andar via».