Corriere 23.10.16
il greco, il latino e il pensiero complesso
di Francesco Sabatini
Università Roma Tre. Accademia della Crusca
C
aro direttore, siamo all’appello, al voto popolare, per difendere le
versioni di latino e di greco nell’esame di maturità. È comunque una
sconfitta: in cinquant’anni, almeno, di dibattiti culturali, politici,
accademici, non si è trovato il modo di ripensare il profilo degli studi
classici, per tener conto dei profondi cambiamenti che andava subendo
tutto il quadro dell’istruzione, sotto la spinta di tre fattori: la
pressione della massa sull’istruzione superiore; l’ampliamento
dell’orizzonte culturale richiesto dal mondo globalizzato; l’avanzamento
di tutte le scienze che sono alla base delle discipline scolastiche.
Tre fattori incontestabili che richiedevano speciale attenzione perché
non colpissero malamente il settore di questi studi. L’allarme contro
questo rischio era stato già lanciato (per iniziativa del sottoscritto)
dalle Accademie della Crusca e dei Lincei nel 1990.
A rincalzo
dell’appello odierno, il sociologo Luca Ricolfi ha denunciato
apertamente l’intenzione, tipica del populismo di molti politici e di
molte famiglie, di ridurre il livello di difficoltà (produttiva) degli
studi. Sottoscrivo anche questa denuncia, ma ribadisco che occorre anche
rivedere seriamente obiettivi, contenuti e metodi di questi studi. Non
in chiave di semplificazione, ma del loro adeguamento allo scopo di
colmare le distanze tra un sapere molto lontano nel tempo e la sua
utilizzazione nel presente.
Credo anch’io, da linguista e
filologo, che una buona traduzione di un brano latino o greco sia una
specifica prova di capacità di analisi di un oggetto complesso.
Dall’apparire dell’Homo sapiens, qualsiasi sapere ben definito passa
attraverso i simboli del linguaggio verbale, per quanto affiancato dagli
altri linguaggi (tra i quali quello dei numeri) e dall’operare tecnico.
Non è verbalismo, questo, purché alla base di questo esercizio si
pongano i principi che, scoperti nell’antichità, sono oggi messi molto
più chiaramente in luce dalle scienze antropologiche, neurologiche e
linguistiche: queste ultime oggi lavorano al passo con le altre per
precisare le linee da seguire nell’esercizio di quelle nostre facoltà.
Riferimenti fondamentali, nelle attività di studio, la scoperta del
meccanismo della lingua prima già insediata nel cervello e il
riconoscimento delle modalità di comunicazione mediante i diversi tipi
di testo, soprattutto scritti. Grammatica e testualità, scientificamente
ridefinite.
Italiano, altre lingue, lingue classiche: principi e
metodi sono sostanzialmente comuni. Passato e presente, da collegare
strettamente, per non perdere l’uno o l’altro. Questi i parametri per
rivitalizzare un’area degli studi così particolare e ricca di risorse.
Ma sono tenuti poco o pochissimo presenti.
Tutte le lingue moderne
occidentali sono state enormemente arricchite, nella loro crescita dal
Medioevo fino ai nostri tempi, con il lessico ripreso dal latino dei
libri e dal greco. Motivo non da poco per interessarsi a queste lingue.
Ho chiesto spesso a studenti del classico di trovare il concetto di base
che accomuna parole come propellente, impellente, repellente, pulsione,
propulsione, repulsione, compulsione, impulso, pulsazione, polso: non
sono stati quasi mai capaci di risalire al verbo latino pellere
«spingere». Lucrezio, autore del De rerum natura , è tenuto piuttosto in
poco conto negli studi testuali e di letteratura latina; e nei manuali
di questa disciplina si dedica sì e no una mezza pagina finale, che
nemmeno si legge, alla vicenda della sua esplosiva riscoperta
nell’Umanesimo e all’acceso interesse che essa destò a lungo in Europa
(mentre in Italia veniva messo all’Indice), in Bruno, Galilei,
Montaigne, Bacone, Shakespeare, Gassendi, Newton e infine Darwin (vedi
S. Greenblatt, Rizzoli 2016). Perché non farne un percorso proiettivo,
di interesse linguistico e filosofico-scientifico, che giunge fino a
noi? Nel Fedro di Platone, dialogo poco letto a scuola, Socrate condanna
l’invenzione dell’alfabeto. Sembrerebbe un tema marginale o superato,
ma la rivoluzione culturale e psichica introdotta dalla scrittura è
tornata bene al centro dell’attenzione degli studiosi della
comunicazione umana (Walter J. Ong) e di una schiera di neurologi (S.
Dehaene, M. Wolf, …) e c’è materia per riascoltare Socrate.
Esiste
una saggistica di servizio per il docente che voglia spingersi,
momentaneamente, a costruire qualche ponte. Ma manca il disegno
complessivo per l’istituzione: l’unico che può fare da rete, non per
catturare gli uccelli desiderosi di volare verso piscine e discoteche,
ma per tenere insieme parti vitali del sapere globale. E manca la
formazione dell’insegnante, che l’Università non ha previsto in tali
direzioni.