Corriere 23.10.16
Famiglia e meno ambizione Identikit dei giovani italiani
di Elena Tebano
I
ragazzi italiani tornano a guardare alla famiglia: sono i parenti più
stretti a rappresentare la fonte primaria di ispirazione e valori. E
sempre più spesso i giovani desiderano un futuro in cui più che la
carriera o i soldi contino la qualità della vita e il tempo da dedicare
ai propri interessi e alla famiglia. È quanto emerge dalle ricerca «
Teen’s voice». E l’Italia continua ad essere il Paese in Europa con il
più alto numero di adulti (18-34 anni) che non lasciano la famiglia.
In
epoca di incertezze sui grandi orizzonti, quando i modelli di
riferimento sulla scena pubblica diventano sempre più fragili e
intercambiabili, i ragazzi italiani tornano a guardare alla famiglia:
sono i parenti più stretti a rappresentare la fonte primaria di
ispirazione e valori. E sempre più spesso i giovani desiderano un futuro
in cui più che il successo nella carriera o i riconoscimenti economici
contino la qualità della vita e il tempo da dedicare ai propri interessi
e alla famiglia.
È quanto emerge dalla ricerca « Teen’s voice :
miti e valori dei giovani tra scuola, società e lavoro», che verrà
presentata il 26 ottobre al Senato, realizzato dalla Sapienza di Roma e
Campus Orienta/Il Salone dello Studente, ed effettuata su oltre duemila
studenti degli ultimi due anni delle superiori che hanno partecipato ai
Saloni dello Studente per l’orientamento universitario a Torino, Bari,
Lamezia Terme, Pescara, Roma, Catania, Monza, Napoli, Milano, Firenze e
Rimini.
Dalle loro risposte risulta che le ragazze e i ragazzi
italiani hanno scarsissima fiducia nelle istituzioni: poco o per niente
nel governo (89,9%), in un partito politico (84,8%), nella televisione
(75,3%), nella Chiesa (65,2%), nei giornali (64,1%), nella politica
europea (61%), negli esperti di economia (46,4%). Per cercare una
direzione guardano invece molto più vicino, all’esempio concreto di chi
sta loro accanto: il 31% (il dato complessivamente più alto) quando deve
indicare una persona che considera un modello di riferimento sceglie un
familiare, in particolare la madre (6,6%), il padre (5,5%), il nonno
(3%), i genitori in generale (1,8%) e poi la nonna (1,2%), il fratello
(0,7%) e la sorella (0,6%). Di converso nessuno dei principali
personaggi famosi a cui i giovani fanno riferimento è vivente: vengono
tutti da un passato più o meno recente. Sono nell’ordine Nelson Mandela
(2%), Rita Levi Montalcini (1,6%), Martin Luther King (1,4%), il Mahatma
Gandhi (1,2%), Albert Einstein (0,9%), Leonardo da Vinci (0,8%),
Giovanni Falcone (0,8%) e Steve Jobs (0,8%).
«Questi ragazzi hanno
valori molto forti: credono nella democrazia, nella partecipazione e
sono contrari al razzismo, ma hanno una “mitologia” frammentata — dice
Domenico Ioppolo, responsabile del Salone dello Studente —. Hanno cioè
punti di riferimento individuali, non generazionali: ognuno si cerca il
proprio. Dipende dalla situazione di crisi generale che stiamo
attraversando (l’81,9% degli studenti del Sud e il 70% del Centro Nord
dicono che il lavoro non si trova), ma anche dalla società liquida in
cui viviamo. In questo contesto però le loro madri e i loro padri, che
pure in un certo senso sono stati sconfitti dalla storia, emergono come
gli assi portanti».
Per gli adulti di domani conta inoltre
moltissimo la dimensione extralavorativa: se il 64% cerca un lavoro che
permetta di essere autonomi, il 61% vuole che sia stabile e si svolga in
un ambiente confortevole, mentre il 62% desidera che lasci tempo
libero, in particolare per la famiglia. «In generale dalle loro risposte
emerge la tendenza a dare più importanza ai valori e alle esperienze
vere invece che al successo e al possesso — conferma Ioppolo —. In
questo sono davvero moderni, figli di quell’era dell’accesso di cui
parlava Jeremy Rifkin: meno interessati ai beni tangibili che a
relazioni positive con l’ambiente e le persone con cui vivono».
A
sorpresa la scuola, spesso accusata di essere lontana dai bisogni e dal
linguaggio dei ragazzi, rimane un agente formativo importante. Non solo
perché i professori compaiono nell’elenco dei modelli, ma anche perché
quando si tratta di scegliere un libro o un film preferiti gli studenti
indicano ai primi posti titoli che hanno spesso conosciuto in classe:
come 1984 di George Orwell o Se questo è un uomo di Primo Levi (al
secondo e al terzo posto dopo Il piccolo principe di Antoine de
Saint-Exupéry) e come La vita è bella di Roberto Benigni. Tra i dati più
importanti c’è la sostanziale uniformità delle scelte tra i ragazzi e
le ragazze delle diverse regioni: «Sono molto simili, a riprova che
abbiamo fatto gli italiani — dice Ioppolo —. Le differenze,
paradossalmente, le crea l’Italia: gli studenti del Sud dicono di
abitare in un ambiente più degradato con meno strutture sportive,
culturali e chance di lavoro. Tutti, però, da ovunque provengano,
pensano che per avere successo nella vita si debba lavorare, studiare,
impegnarsi».