Corriere 22.10.16
Fissate le regole, ma non toglieteci Airbnb
New York vara le multe a chi affitta casa. Il fondatore: noi alle prese con 700 regimi fiscali
di Beppe Severgnini
Gli
scontri di Airbnb con le autorità di New York, Barcellona, Berlino e
Islanda preoccupano. Sono evidenti le astuzie di un grande operatore ma è
pure evidente che a pagare non possono essere gli utenti e che il
mercato non si può fermare. Il fondatore Brian Chesky chiede
comprensione: «Siamo alle prese con 700 sistemi fiscali».
Però
lasciateci Airbnb. Perché chi lo usa non cerca droga, non compra armi,
non vende pornografia: vuole un bel posto dove stare, in una città
nuova, a un prezzo ragionevole. Gli scontri di Airbnb con le autorità di
New York, Barcellona, Berlino, Islanda — potete leggerne in questa
pagina — sono preoccupanti. Sul terreno, infatti, potrebbero restare gli
unici, veri innocenti: i viaggiatori, gli utenti, i consumatori. Sono
comprensibili le preoccupazioni degli albergatori, dei condòmini, delle
autorità fiscali e di quelle municipali. Sono evidenti le astuzie di un
grande operatore che ha capito d’avere il vento della storia — e della
Rete — nelle vele. Ma è altrettanto evidente che, a pagare, non possono
essere gli utenti. La vicenda di Airbnb ricorda quella di Uber. Stato in
luogo, moto a luogo. In un caso e nell’altro Internet — il grande
distruttore, il grande aggregatore — ha consentito di rispondere a una
domanda immensa, che il mercato evidentemente non soddisfaceva. Da un
lato, la necessità di trasporto privato, diversa dai taxi. Dall’altro,
la ricerca di un alloggio — accomodation , in milanese moderno —
alternativo a hotel e pensioni. L’unico modo di squalificare questi
servizi è sostenere che mettono in crisi un modello sociale (basato su
licenze, permessi, autorizzazioni). Le altre questioni — la conformità
fiscale, le condizioni di lavoro e di sicurezza — si risolvono, prima o
poi. Bisogna capire qual è la nuova offerta adeguata alla nuova domanda.
Ma questa domanda è imponente, e non può essere ignorata. Gli utenti di
Airbnb non sono, se non in parte, clienti sottratti agli alberghi
tradizionali. Certo, hanno messo in grave difficoltà molti piccoli
esercizi. Ma la vulnerabilità di questi ultimi è una prova: forse non
offrivano un servizio adatto ai tempi. Se il dilettante (il privato che
offre la casa su Airbnb) batte facilmente il professionista (la
pensione, il piccolo hotel), quest’ultimo ha il dovere di chiedersi: che
prodotto offrivo? È giusto pretendere che i grandi operatori
internazionali rispettino le regole e paghino le imposte (cosa che fanno
sempre malvolentieri): ma boicottarli è scorretto, e ignorarli è
impossibile. «Tanto il mercato si riorganizza. E si riorganizza con
forme meno legittime», spiega l’avvocato Velia Leone, che insegna
regolamentazione in Bocconi. È così. Il mercato — basato su domanda e
offerta — ha una forza che le pubbliche autorità possono, e devono,
regolamentare. Ma non possono cancellare. Fermare la domanda che arriva
impetuosa attraverso la Rete, e la Rete permette di organizzare, è come
tentare di fermare un torrente con le mani: grottesco, e ovviamente
impossibile. Qualcuno lo ha capito. Le case automobilistiche non hanno
gridato allo scandalo quando hanno capito che una nuova generazione
urbana vuole usare le automobili, non possederle (Enjoy, Car2go etc).
Hanno cercato di capire come sfruttare il nuovo fenomeno, e farci soldi.
Regolate Airbnb, ma lasciatecelo: anche perché non avete alternativa.
L’economia della condivisione (sharing economy) si chiama così perché
moltissimi, dovunque, vogliono condividerla. Prima lo capiamo, meglio è.