sabato 22 ottobre 2016

Corriere 22.10.16
«Non soccorsero i migranti in pericolo» Indagati i militari della Guardia costiera

ROMA Se avessero risposto alle richieste di aiuto avrebbero potuto salvarli. E invece quell’11 ottobre di tre anni fa ignorarono gli appelli dei migranti, addirittura li invitarono a rivolgersi alla Guardia costiera di Malta. E alla fine il barcone con 480 persone a bordo — tra cui 60 bambini — si inabissò a 100 chilometri da Lampedusa. Per questo alcuni ufficiali della Marina militare sono stati indagati dalla Procura di Roma. I reati contestati sono l’omicidio colposo e l’omissione di soccorso. E nei prossimi giorni potrebbero essere convocati proprio per ricostruire che cosa accadde in quelle ore. Soprattutto per spiegare come mai non siano stati proprio loro a chiamare i colleghi de La Valletta se ritenevano che in questo modo sarebbe stato più semplice il salvataggio.
I magistrati capitolini contestano il mancato aiuto a 60 stranieri, anche se il bilancio definitivo parlava di 268 vittime. Molti cadaveri non furono infatti recuperati. Secondo la ricostruzione effettuata poche settimane dopo la tragedia via satellite arrivarono tre chiamate di Sos ma si decise di non mobilitare alcun mezzo e soltanto due ore dopo si consigliò di contattare le autorità maltesi.
Testimone chiave della vicenda è Mohanad Jammo, all’epoca 40 anni, che era il primario dell’Unità di terapia intensiva e anestesia dell’Ibn Roshd Hospital di Aleppo e al settimanale Espresso raccontò di essere sopravvissuto al naufragio con la moglie, ex docente universitaria di ingegneria meccanica, e la loro bimba di 5 anni, ma di aver perso i figli Mohamad, 6 anni, e Nahel, 9 mesi, che non sono mai stati ritrovati. Il suo racconto è stato confermato da altri due naufraghi rintracciati dalla magistratura, due medici che viaggiavano sullo stesso barcone.