sabato 22 ottobre 2016

Corriere 22.10.16
Cuperlo: lacerati dal referendum, sull’Italicum spero in un’intesa seria
di Daria Gorodisky

ROMA Gianni Cuperlo, deputato della minoranza pd, è l’unico di quell’area a sedere nella commissione dei cinque parlamentari voluta da Matteo Renzi per provare a rivedere l’Italicum. I tempi sono stretti, soprattutto se davvero si vuole incardinare un nuovo testo in Commissione prima del referendum: è stato fissato il prossimo appuntamento?
«Non ancora. Sarà nei prossimi giorni. Però voglio sperare che si stia davvero lavorando alla ricerca di un accordo serio per una nuova legge elettorale. È indispensabile non ridurre la rappresentanza e gli spazi di partecipazione, e io mi sto impegnando a fondo per questo obiettivo».
Eppure la sua area di riferimento, la sinistra pd, non condivide il tentativo, né crede che la maggioranza voglia davvero smontare l’Italicum.
«So che il sentiero è stretto, ma lo percorro nell’idea che aiuti a ridurre le distanze e a unire il Paese. In quel comitato ho portato questa convinzione che non nasce da ora. Non banalizziamo, il tema non è un contentino alle minoranze, ma assumersi una responsabilità comune. Il Pd dica chiaramente su quali pilastri intende poggiare la nuova legge elettorale. Stiamo vivendo una fortissima crisi politica e democratica con le urne sempre più deserte per mancanza di fiducia. Se non vediamo questo, non capiamo Trump o il risorgere dei muri in Europa».
Dalla sinistra pd continuano ad arrivare dichiarazioni di No al referendum costituzionale del 4 dicembre. Lei, invece, ha annunciato che voterà No — e si dimetterà dal Parlamento — solo se l’Italicum non cambia.
«Tanti dicono Sì e tanti dicono No, ma per tutti esiste il dovere del giorno dopo. Qualunque sia l’esito del referendum, non risolverà i seri problemi economici del Paese. Proprio per questo dobbiamo garantire che alle prossime elezioni i cittadini possano sentirsi rappresentati: quindi, chiarezza sull’elezione diretta dei senatori, collegi uninominali e premio di maggioranza che non ci faccia uscire da una Repubblica parlamentare».
I suoi compagni di area annunciano il No, mentre per la maggioranza del Pd sarebbe un bel colpo strappare il suo Sì e dividere la minoranza.
«So ascoltare e capisco tutto l’allarme che c’è nelle posizioni di tante personalità che stimo, nella Cgil, nell’Anpi. Il referendum, per come è stato concepito, ha già provocato una lacerazione grave; ragione di più per impegnarmi ad ancorare, anche in questa stagione, il Pd al centrosinistra e per costruire dei ponti».
Verso chi esattamente?
«Nelle ultime elezioni abbiamo sofferto una forte emorragia, abbiamo perso consenso a sinistra senza guadagnarne altrove. Voglio recuperare i voti persi, per un Pd forte e in nome di una sinistra di governo. Per me è inaccettabile pensare di andare alle urne, quando sarà il momento, con la maggioranza attuale».
Tornando al referendum, dalla maggioranza del suo partito si sente dire che se vincesse il No sarebbe una catastrofe per il Paese…
«Ma no, nessuno evochi tragedie in un senso o nell’altro, andrebbe sdrammatizzato anche questo. L’Italia è un grande Paese e quale che sia il risultato ha le capacità e risorse per affrontare il domani».