Corriere 21.10.16
Un convitato di pietra nella lite con Bruxelles
di Massimo Franco
Il
referendum è stato il convitato di pietra anche nel vertice europeo di
ieri a Bruxelles. Matteo Renzi è arrivato con la controversa investitura
del presidente Usa, Barack Obama. E l’ha usata per battere i pugni
prima chiedendo un faccia a faccia con il capo della Commissione Ue,
Jean-Claude Juncker, poi con gli altri leader. Coerente con il tentativo
di sempre di archiviare l’austerità, ha insistito sulla possibilità di
spendere di più: l’immigrazione dal Mediterraneo e il dopo terremoto
nelle Marche, in Umbria e nel Lazio, costringono l’Italia a battere
cassa. E strappare concessioni significa voti in più il 4 dicembre.
C’è
tuttavia una contraddizione in un governo italiano che chiede il Sì
agli elettori per avere le carte in regola con l’Europa; e lo scontro di
Renzi con le istituzioni continentali evocate per legittimare le
riforme. La vittoria referendaria dovrebbe certificare la serietà delle
misure prese. Eppure l’Ue fa già sapere che la manovra preparata da
Renzi e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non basterà a
superare il deficit «strutturale» alla base dell’enorme debito pubblico
italiano. Anzi, rischia di peggiorarlo.
La freddezza della
Commissione è quasi ostentata. Quando si è parlato di un colloquio tra
Renzi e Juncker, la portavoce Mina Andreeva si è limitata a rispondere
che non le risultavano incontri bilaterali. «Sono sicura, però, che se
c’è necessità di parlarsi a margine ci sarà modo di farlo». Il
berlusconiano Stefano Parisi scommette che «la manovra non potrà passare
in Europa perché infrange tutti gli accordi». Ma Renzi punta su un
compromesso favorito dalle esigenze politiche di una Ue in affanno, più
che sui calcoli finanziari. Il risultato che Palazzo Chigi conta di
ottenere servirebbe a dargli ossigeno da qui al referendum.
E
anche oltre: sarebbe il biglietto da visita per impostare un’eventuale
strategia elettorale. La quasi paralisi del Parlamento lascia capire che
molti pensano al voto anticipato nel 2017, comunque vada il referendum.
Dopo la decisione del Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso di M5S e
Sinistra italiana contro il quesito referendario, si è dissolto
l’ultimo ostacolo. Ma la sensazione è che rimanga intatta la perplessità
europea sui provvedimenti proposti dall’Italia.
Il modo in cui
Renzi si è presentato a Bruxelles lascia capire che, se non otterrà
quanto chiede, cercherà di averlo comunque: a costo di subire una
procedura di infrazione. Non a caso nei giorni scorsi ha liquidato
l’eventualità sostenendo che andrebbero puniti i Paesi Ue che rifiutano i
migranti. Rimane da capire se questo determinerà un maggiore
coordinamento tra la politica economica italiana e le regole di
Bruxelles, o un progressivo allontanamento. Come per molte altre cose,
il saldo di questa scommessa estrema si conoscerà solo dopo il 4
dicembre.