Corriere 20.10.16
Il filo tra sinistra e Berlusconi
di Francesco Verderami
Chissà
se i duellanti della Seconda Repubblica, Silvio Berlusconi e Massimo
D’Alema, si sono sentiti. Certo il No al referendum li ha uniti. E l’ex
Cavaliere ora fa sapere: «Fidatevi di me...».
ROMA Malgrado
l’intervista al Tg5, i suoi alleati continuano a considerarlo «ambiguo»
sul referendum. Perciò ieri Berlusconi è tornato a Roma, per dissipare i
soliti sospetti e illustrare il planning di battaglia a favore del No:
«Produrrò video-messaggi, parteciperò a trasmissioni televisive e
rilascerò interviste». Guarda caso è proprio quanto anticipavano giorni
fa autorevoli esponenti della minoranza dem, a mezzadria tra Bersani e
D’Alema: «Berlusconi ha assicurato che si impegnerà con video-messaggi,
interviste e presenze televisive».
Sarà una coincidenza, sebbene
anche sulla strategia mediatica si noti un’identità di vedute tra il
Cavaliere e D’Alema: «Niente mescolanze. Ognuno faccia campagna
elettorale per sé». E infatti l’ex segretario del Pds ha confidato ad
alcuni compagni del Pd di essersi pentito per il modo in cui è stata
organizzata la convention a favore del No la scorsa settimana, per quel
parterre che sembrava una reunion di reduci bipartisan e che «in effetti
non ha giovato all’immagine, diciamo».
Poco importa sapere se i
duellanti della Seconda Repubblica si siano direttamente sentiti, anche
perché le rispettive intendenze — guidate da Schifani e Calvi — si
incontrano di regola alle riunioni del comitato referendario. Certo fa
effetto sentire «i comunisti» tifare per l’acerrimo rivale: «Scendesse
in campo, allora sì che cambierebbero i numeri». Brunetta li ha
quantificati in Transatlantico, spiegando la curva dei sondaggi a
Bersani ed Epifani: «Con Berlusconi il No arriva al 56%. Lui sposta il
4%». Chissà se il Cavaliere — che da solo regge le percentuali di Forza
Italia — abbia gradito la quotazione.
Non c’è dubbio che l’impegno
dell’ex premier avrebbe un peso sulla campagna referendaria, ma non
accetta di essere pressato da quanti gli chiedono di offrire tutto se
stesso alla causa: «Ho ottanta anni e sono stanco», dice per difendersi e
per non esporsi troppo, almeno per il momento. Perché al momento
Berlusconi è perplesso per una serie di ragioni. Intanto ritiene sia
difficile reggere il ritmo mediatico di Renzi di qui al 4 dicembre. E
poi gli amatissimi sondaggi gli suggeriscono che è presto per trarre
conclusioni: è vero che il No è numericamente avanti, ma è il Sì che
vanta la maggiore propensione di elettori disposti ad andare alle urne.
Questo
dato sarebbe (anche) determinato dall’effetto «mucchio selvaggio», dal
fatto che il fronte ostile alle riforme è troppo eterogeneo, mentre
dall’altra parte c’è un commander in chief riconosciuto, cioè Renzi. Il
problema a breve sarà pure organizzativo: quando ci saranno i «faccia a
faccia» in tv chi — tra M5S, Lega, Forza Italia, Sinistra del Pd,
sinistra e basta— andrà a rappresentare il No? Al vertice del
centrodestra almeno un’intesa si è raggiunta: in video niente vecchia
guardia, bensì sindaci e amministratori della coalizione, come
sperimentato a luglio dalla Meloni nella manifestazione «No grazie» di
Arezzo. Ma il nodo, ovviamente, è politico. Nel «mucchio selvaggio» il
Cavaliere teme di fare il portatore d’acqua per i populisti.
Perciò
è prudente. Talmente cauto che nel partito lo rivedono muoversi da
«concavo e convesso»: «Il fatto è — spiega l’ex ministro Matteoli — che
nessuno crede a un Berlusconi davvero schierato per il No. Quindi
bisognerà lavorare per convincere la gente che davvero Berlusconi è
schierato per il No». Il primo da convincere è Salvini, che ai forzisti
ha manifestato il suo malcontento: «Quelli che potevo portare a votare,
li ho portati. Ora tocca a lui». E di lui, cioè di Berlusconi, non ha
gradito il passo dell’intervista in cui ha parlato di un «No
costruttivo» alle riforme, che gli ha ricordato il «No intelligente» di
Gianni Letta: «Evitiamo di mettere appellativi al No. Che già di Sì tra
gli amici di Silvio ce ne sono troppi». E giù una bordata pubblica
contro il Cavaliere: «Si convinca che il primato nella coalizione oggi è
della Lega».
È un modo, quello di Salvini, di proteggersi dalle
insidie interne. Ma nasce anche dal sospetto che a Berlusconi non
interessi la vittoria del No e nemmeno quella del Sì, che miri a un
risultato di misura, per poi piegare Renzi a un compromesso. Eppure ieri
il Cavaliere lo ha ripetuto più volte al vertice: «Fidatevi di me». Lo
stesso messaggio ricevuto l’altra settimana dalla minoranza dem...