giovedì 20 ottobre 2016

Corriere 20.10.16
Mafia Capitale
Zingaretti in aula sceglie di non rispondere
Il governatore chiamato in causa da Buzzi: mi ha calunniato, per me già chiesta l’archiviazione
di Ilaria Sacchettoni

ROMA  Alle 10 è già tutto finito. Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, completo blu, camicia azzurra, entra nell’aula bunker di Rebibbia dove si celebra il processo a Mafia capitale e fa sapere che si avvarrà della facoltà di non rispondere. Chi aveva sperato di conoscere la sua versione dei fatti sulla gara per l’assegnazione del centro di prenotazione della Sanità, oppure sulla scelta del nuovo palazzo della Provincia, rimane deluso. Il diritto alla difesa del governatore del Lazio, indagato per corruzione nel procedimento connesso, nato dalle accuse di Salvatore Buzzi, viene prima dei dubbi del tribunale. Zingaretti lascia dietro di sé un comunicato stampa, teoricamente eloquente ma che, alla fine, non entra nel merito: «Il signor Buzzi — si legge — ha accusato me e altre persone di aver commesso reati. L’ho subito denunciato e ora attendo il processo a suo carico. Per verificare le sue accuse la procura di Roma ha aperto su di me delle indagini e ora ha chiesto per me l’archiviazione». Testimoniare sarebbe stato un «paradosso»: «Renderò pubblici tutti i fatti di mia conoscenza nel processo per calunnia nei confronti di Salvatore Buzzi». Erano attese, anche dalla procura, le sue risposte sulla questione politicamente scottante dell’intesa raggiunta con l’opposizione del centrodestra e Luca Gramazio in merito alla spartizione dell’appalto sul centro di prenotazione sanitaria. Invece nulla. Con il governatore c’è il suo braccio destro, Andrea Cappelli, che siede per una manciata di secondi nell’aula bunker: il tempo di rivolgere un’occhiata al suo ex interlocutore, Gramazio, ancora dietro le sbarre e di ritrarsi imbarazzato.
Ma per cosa è indagato Zingaretti? Secondo Buzzi, l’attuale presidente del Lazio, ex numero uno della Provincia, avrebbe ricevuto denaro dai costruttori Parnasi per l’acquisto di una nuova sede provinciale. Era il 2011. Soldi veicolati al suo ex collaboratore Giuseppe Cionci in occasione delle campagne elettorali. Nei suoi confronti, come di Cionci, i magistrati hanno chiesto l’archiviazione: «La natura de relato di parte delle dichiarazioni di Buzzi e la genericità di altra parte delle affermazioni e il fatto che le erogazioni in campagna elettorale non siano state finalizzate ad atti o attività d’ufficio secondo il tenore delle dichiarazioni di Buzzi, sono elementi che impongono l’archiviazione», è scritto nella richiesta. La parola ora passa al gip mentre il governatore corre via a preparare la trasferta nelle zone colpite dal sisma e ad Amatrice in particolare dove sarà oggi.
Poco prima in aula il difensore di Buzzi, Alessandro Diddi, s’era espresso (in polemica con la procura) nei confronti di Cionci alludendo a ritorsioni di frange piddine nei confronti di Buzzi: «Abbiamo subito pressioni perché rinunciassimo al controinterrogatorio». Fra le prime file, l’avvocato Luca Petrucci, storicamente vicino al mondo Pd, commenta la decisione: «Salire su quel banco sarebbe una graticola per chiunque, Zingaretti ha fatto la cosa migliore. Se anche la Campana (Micaela, la deputata pd che rischia l’incriminazione per falsa testimonianza, ndr ) si fosse avvalsa non avrebbe fatto quella figura. Chi teorizza che un uomo delle istituzioni debba sempre rispondere ai giudici è sempre rimasto senza controprova...». Fuori piovono commenti. Come quello di Devid Porrello, capogruppo dei Cinque Stelle del Lazio: «Atteggiamento ambiguo per chi celebra la propria trasparenza» .