Corriere 20.10.16
La polemica americana avrà poco peso sul referendum
di Massimo Franco
Il
rimbalzo di politica interna era inevitabile. E imbarazza quel Pd
contrario a Matteo Renzi, che ha sempre considerato Barack Obama
un’icona. Nel modo in cui anche la visita americana del premier crea
tensione nei fronti del Sì e del No referendari, si avverte la tendenza a
leggere in chiave domestica ogni questione internazionale: sebbene sia
un esercizio inutile. L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani dice che
si sarebbe aspettato «più garbo e più misura quando si parla di
Costituzione», dopo le parole di Obama a favore di Renzi. E Massimo
D’Alema parla di una questione «spiegata male».
Leghisti e seguaci
di Beppe Grillo, ma anche Gianni Cuperlo della minoranza Dem, sono più
diretti. Ricordano che l’ultimo sostegno pubblico del presidente Usa è
stato quello a David Cameron prima del referendum del 23 giugno sulla
Brexit. E Cameron ha perso. In più, Renzi viene accusato di schierarsi
con un’America che vuole accentuare la pressione sulla Russia e chiede
un maggiore impegno italiano in Libia. Ma le obiezioni sono le ragioni
che spiegano l’appoggio Usa, in una logica che esula dal referendum. È
così vero che gli avversari di Palazzo Chigi si soffermano solo sul Sì
simbolico di Obama, e trascurano la sua frase più significativa.
È
quella in cui l’inquilino uscente della Casa Bianca si augura che Renzi
rimanga alla guida del governo comunque vada la consultazione del 4
dicembre. Significa non escludere affatto una vittoria dei No; e far
capire che a Washington preme non tanto chi vince o chi perde, ma che in
Italia sia garantita la stabilità. II merito di Renzi è di avere
convinto gli alleati che non ci sono alternative. Il modo in cui ha
personalizzato il referendum si prolunga nei suoi echi all’estero, al di
là dell’impegno a non trasformare la campagna in un plebiscito.
Ma
risulta difficile pensare che l’abbraccio di Obama possa cambiare gli
orientamenti dell’opinione pubblica: nel bene e nel male. Così come
possono fare poco le critiche in arrivo dall’Ue sulla manovra di
bilancio italiana, liquidate ieri bruscamente da Renzi. C’è chi teme che
il sostegno di Obama si riveli a doppio taglio. La destra e il M5S
contrastano l’atlantismo del governo, attaccando la Nato: un
atteggiamento che acuisce i sospetti di un asse almeno del centrodestra
col Cremlino.
«L’Alleanza atlantica, che in teoria dovrebbe
difenderci», sostiene il leghista Matteo Salvini, «avrebbe un senso se
mettesse navi e uomini nel Mediterraneo per difendere l’Italia. Se
invece dobbiamo giocare alla guerra con la Russia...». Le forze della
Nato per fermare gli immigrati: lo schema del Carroccio è sempre lo
stesso, stavolta evocato per togliere voti al Sì. Ma più di ogni
influenza esterna, l’esito del voto del 4 dicembre dipenderà da altro: a
cominciare dalla situazione preoccupante dell’occupazione e
dell’economia in generale.