martedì 18 ottobre 2016

Corriere 18.10.16
Perché No
Anna Falcone: “È solo propaganda”
“Niente garanzie agire dal basso sarà più difficile”
Queste norme sono un esempio di propaganda, irrispettoso del diritto dei cittadini ad essere informati
Anna Falcone, avvocatessa cassazionista, fa parte dei comitati del No

ROMA. Sale il numero delle firme per le proposte di iniziativa popolare, ma con la riforma c’è la garanzia che le Camere le discuteranno in tempi certi. Non è un passo avanti avvocatessa Anna Falcone?
«La realtà è ben diversa dalla propaganda di governo: il nuovo art. 71 aumenta il numero delle firme – il triplo di quanto è richiesto dalla Costituzione vigente – ma si guarda bene dal garantirne l’obbligo di calendarizzazione e deliberazione. Al contrario, la riforma prevede una mera norma di rinvio ai regolamenti parlamentari che dovranno stabilire tempi, forme e limiti – sottolineo “limiti” – della discussione.
Una tale norma di rinvio non da garanzia di nulla. Anche perché i regolamenti possono essere modificati dalla stessa maggioranza di governo».
La novità dei referendum propositivi e di indirizzo non dimostra la volontà di favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica?
«È un altro “specchietto per le allodole”: la riforma non stabilisce alcuna garanzia certa, ma si limita a rinviare la disciplina concreta dei referendum propositivi e di indirizzo a una futura legge costituzionale, che dovrà prevedere le “condizioni” e gli “effetti” di tali consultazioni. Anche qui una promessa futura a contenuto libero e “a data incerta”. Un fulgido esempio di propaganda, irrispettosa del diritto dei cittadini a conoscere i reali contenuti della riforma e votare consapevolmente».
Per i referendum abrogativi si introduce la possibilità di un quorum di validità più basso se la proposta viene da almeno 800 mila cittadini. Non è una possibilità in più per la democrazia diretta?
«No, perché rimane l’evidente sperequazione di mezzi e risorse per raccogliere le firme necessarie, a seconda che l’iniziativa sia intrapresa da semplici cittadini o da soggetti organizzati e che dispongono di mezzi e risorse proprie, o altrimenti foraggiate. La riforma non prevede nulla in tal senso, ovvero per consentire a tutti i cittadini un uguale ed effettivo accesso all’istituto referendario».